" Oh Grande Spirito, la cui voce ascolto nel vento, il cui respiro da vita a tutte le cose. Ascoltami; io ho bisogno della tua forza e della tua saggezza, lasciami camminare nella bellezza, e fa che i miei occhi sempre guardino il rosso e purpureo tramonto.Fa che le mie mani rispettino la natura in ogni sua forma e che le mie orecchie rapidamente ascoltino la tua voce. Fa che sia saggio e che possa capire le cose che hai pensato per il mio popolo. Aiutami a rimanere calmo e forte di fronte a tutti quelli che verranno contro di me. Lasciami imparare le lezioni che hai nascosto in ogni foglia ed in ogni roccia. Aiutami a trovare azioni e pensieri puri per poter aiutare gli altri.Aiutami a trovare la compassione senza la opprimente contemplazione di me stesso. Io cerco la forza, non per essere più grande del mio fratello, ma per combattere il mio più grande nemico: Me stesso. Fammi sempre essere pronto a venire da te con mani pulite e sguardo alto. Così quando la vita appassisce, come appassisce il tramonto, il mio spirito possa venire a te senza vergogna."
Preghiera per il Grande SpiritoAnonimotramandata da Tatanka Mani (Bisonte che Cammina)(1871 - 1967)Assiniboine
In questo blog troverai tantissime informazioni sulla realtà odierna dei Nativi Americani... Regalaci e regalati qualche minuto... "Sfogliaci"!!!
NATIVE AMERICANS 4 OBAMA !
giovedì 30 aprile 2009
FINCHE’ LE ROCCE RESTANO
(Canto Sioux)
I miei parenti pensano di separarmi
dalla ragazza che amo.
Abbiamo giurato di amarci
Per tutta la vita.
I loro ordini sono inutili: noi ci vedremo
finché dura il mondo.
Si, dicano e facciano quello che vogliono,
noi ci vedremo finché le rocce restano.
Siedo qui, da dove posso vedere
l’uomo che amo.
La nostra gente vuol essere severa con noi,
ma io lo vedrò finché il mondo dura.
Qui rimarrò, a guardare
l’uomo che amo.
(Canto Sioux)
I miei parenti pensano di separarmi
dalla ragazza che amo.
Abbiamo giurato di amarci
Per tutta la vita.
I loro ordini sono inutili: noi ci vedremo
finché dura il mondo.
Si, dicano e facciano quello che vogliono,
noi ci vedremo finché le rocce restano.
Siedo qui, da dove posso vedere
l’uomo che amo.
La nostra gente vuol essere severa con noi,
ma io lo vedrò finché il mondo dura.
Qui rimarrò, a guardare
l’uomo che amo.
Il Papa chiede scusa ai Nativi del Canada
L'amarezza di Benedetto XVI per le sofferenze causate agli aborigeni del Canada da alcuni membri della ChiesaDopo l’udienza generale, Benedetto XVI ha incontrato stamani in Aula Paolo VI una delegazione di esponenti aborigeni canadesi, tra i quali Phil Fontaine, leader nazionale dell’Assemblea dei nativi e il presidente dell’episcopato canadese, l’arcivescovo James Weisgerber. Ce ne parla in studio Alessandro Gisotti:Benedetto XVI, informa un comunicato della Santa Sede, ha dato ascolto alle storie e alle preoccupazioni degli aborigeni. Il Papa ha ricordato che sin dalle origini della sua presenza in Canada, la Chiesa è stata vicina alle popolazioni indigene. Quindi, ha espresso la sua amarezza per la sofferenza causata dalla condotta deplorevole di alcuni membri della Chiesa nella gestione delle scuole residenziali per i bambini aborigeni del Canada. Il Pontefice ha assicurato la sua partecipazione ed espresso la sua solidarietà. Il Papa ha evidenziato che tali abusi non possono essere tollerati nella società. Infine, conclude la nota, ha pregato affinché coloro che hanno sofferto possano trovare un cammino di guarigione ed ha incoraggiato i popoli nativi ad andare avanti con rinnovata speranza.A fine ‘800, il governo federale canadese istituì delle scuole, appunto definite "residenziali", per i bambini aborigeni. Si tratta, spiega una nota dell’episcopato canadese, di strutture finanziate dallo Stato e rette da organizzazioni religiose, rimaste attive fino a circa trent’anni fa. Delle 76 scuole residenziali, frequentate da circa centomila allievi, 45 sono state amministrate da organismi cattolici. I bambini aborigeni, rammenta la nota, furono strappati alle proprie famiglie e costretti ad abbandonare la propria lingua, la propria religione e il modo di vivere per conformarsi alla cultura europea. Alcuni allievi, inoltre, furono anche vittime di abusi fisici e sessuali. I vescovi sottolineano che tutte le comunità religiose e le diocesi, come anche le altre Chiese, hanno chiesto scusa ufficialmente agli aborigeni del Canada. E scuse pubbliche ha espresso, solennemente, l'11 giugno 2008, anche il primo ministro Stephen Harper in una seduta speciale della Camera dei Comuni. Le comunità aborigene hanno raggiunto un accordo di compensazione economica con il governo canadese e con le comunità religiose coinvolte, compresa quella cattolica.
L'amarezza di Benedetto XVI per le sofferenze causate agli aborigeni del Canada da alcuni membri della ChiesaDopo l’udienza generale, Benedetto XVI ha incontrato stamani in Aula Paolo VI una delegazione di esponenti aborigeni canadesi, tra i quali Phil Fontaine, leader nazionale dell’Assemblea dei nativi e il presidente dell’episcopato canadese, l’arcivescovo James Weisgerber. Ce ne parla in studio Alessandro Gisotti:Benedetto XVI, informa un comunicato della Santa Sede, ha dato ascolto alle storie e alle preoccupazioni degli aborigeni. Il Papa ha ricordato che sin dalle origini della sua presenza in Canada, la Chiesa è stata vicina alle popolazioni indigene. Quindi, ha espresso la sua amarezza per la sofferenza causata dalla condotta deplorevole di alcuni membri della Chiesa nella gestione delle scuole residenziali per i bambini aborigeni del Canada. Il Pontefice ha assicurato la sua partecipazione ed espresso la sua solidarietà. Il Papa ha evidenziato che tali abusi non possono essere tollerati nella società. Infine, conclude la nota, ha pregato affinché coloro che hanno sofferto possano trovare un cammino di guarigione ed ha incoraggiato i popoli nativi ad andare avanti con rinnovata speranza.A fine ‘800, il governo federale canadese istituì delle scuole, appunto definite "residenziali", per i bambini aborigeni. Si tratta, spiega una nota dell’episcopato canadese, di strutture finanziate dallo Stato e rette da organizzazioni religiose, rimaste attive fino a circa trent’anni fa. Delle 76 scuole residenziali, frequentate da circa centomila allievi, 45 sono state amministrate da organismi cattolici. I bambini aborigeni, rammenta la nota, furono strappati alle proprie famiglie e costretti ad abbandonare la propria lingua, la propria religione e il modo di vivere per conformarsi alla cultura europea. Alcuni allievi, inoltre, furono anche vittime di abusi fisici e sessuali. I vescovi sottolineano che tutte le comunità religiose e le diocesi, come anche le altre Chiese, hanno chiesto scusa ufficialmente agli aborigeni del Canada. E scuse pubbliche ha espresso, solennemente, l'11 giugno 2008, anche il primo ministro Stephen Harper in una seduta speciale della Camera dei Comuni. Le comunità aborigene hanno raggiunto un accordo di compensazione economica con il governo canadese e con le comunità religiose coinvolte, compresa quella cattolica.
mercoledì 29 aprile 2009
6° CANDIDATURA AL PREMIO NOBEL PER LA PACE PER LEONARD PELTIER
(sotto trovi la versione in italiano)
Leonard Peltier Defense Offense Committee
April 28, 2009
For Immediate Release:
Leonard Peltier is a Six-Time Nobel Nominee
American Indian activist and political prisoner Leonard Peltier has been nominated for the Nobel Peace Prize for the sixth consecutive year. Peltier has been an inmate in the United States federal prison system since 1976, so the fact that he has earned the distinction of a Nobel nomination every year since 2004 is especially remarkable.
Peltier’s unlawful conviction in the deaths of two FBI agents in South Dakota has long been internationally decried as one of the most blatant injustices in recent United
States legal history. In the aftermath of his trial, federal prosecutors were openly excoriated for having manufactured evidence against Peltier, for having withheld exculpatory evidence, and also for having coerced witnesses into giving false testimony.
Lynn Crooks, Assistant Special Prosecutor in Peltier’s trial, admitted to a federal judge that “the government does not know who killed its agents, nor do we know what participation Leonard Peltier may have had in it.”
And yet Leonard Peltier has remained a prisoner for more than 33 years. Fifty five United States Senators and Congressional Representatives (including Democrats and
Republicans) have filed an appeal brief demanding that Peltier receive a new trial. Amnesty International has repeatedly called for Peltier’s immediate release from prison, governments from all over the world have passed resolutions insisting that Peltier be released, and a large contingent of distinguished human rights advocates have been very
outspoken in their strong support for Peltier - including six people who have already received the Nobel Peace Prize: Nelson Mandela (1993), Rigoberta Menchú Tum (1992), Mikhail Gorbachev (1990), the 14th Dalai Lama (1989), Archbishop Desmond Tutu
(1984), and Mother Teresa (1979).
Despite his well known status as a political prisoner, however, the basis for Peltier’s Nobel nominations has been his remarkable success in furthering the causes of peace and
human rights. During his 33 years of unjust incarceration, Peltier has worked tirelessly on a multitude of organized efforts to help other people achieve a more dignified and
humane existence. While the Nobel Committee in Oslo (Norway) requests that letters of nomination not be made public, it is nonetheless widely known that Leonard Peltier has facilitated numerous significant donations to a wide variety of charities and human rights organizations.
Peltier is, of course, not financially wealthy - but he is an accomplished painter. Often expending his meager prison commissary account funds on art supplies such as paints, brushes, and canvas, he produces works of art which are subsequently donated and auctioned. Peltier has also worked to establish assistance programs for many underprivileged groups, and he has helped in other ways to fund a multitude of efforts from scholarships for Native students to shelters for victims of domestic violence. The Christmas fundraising effort begun by Peltier more than 25 years ago on the Pine Ridge Indian Reservation in South Dakota (one of the most impoverished places in the United States) has steadily been expanded and now provides assistance on at least five different
Indian Reservations – the families now receiving the benefits of this annual program number more than one thousand. It is difficult to determine precisely the sum total of donations and contributions that Peltier has helped to facilitate, Peltier refuses to boast about his humanitarian work and many of his projects have not been made public. It is estimated, however, that the total contributions resulting from Peltier’s work during his 33 year imprisonment extend into the millions of dollars.
Peltier’s long record of human rights advocacy involves more than raising money. He has written a great deal while in prison, consistently taking advantage of every opportunity to encourage people not to harbor resentments, to take care of the environment, and to treat each other with love and respect. It is no small irony that a person treated in such an inhumane way should so strongly advocate the humane treatment of others, that a person so financially impoverished should help raise such extraordinary amounts of money for others, that a person with such just cause for bitterness and resentment should encourage forgiveness, and that a person imprisoned should be one of America’s strongest advocates for freedom.
Peltier’s 1999 book Prison Writings: My Life is My Sundance (Saint Martin’s Press) continues to be a best seller on many lists. It is fitting that Leonard Peltier’s own words (from his book) should conclude this official press release: “We are in this together - the rich, the poor, the red, the white, the black, the brown, and the yellow. We are all one family of humankind. We share responsibility for our Mother Earth and for all those who live and breathe upon her. I believe our work will be unfinished until not one human being is hungry or battered, not a single person is forced to die in war, not one innocent languishes imprisoned, and no one is persecuted for his or her beliefs. I believe in the good in humankind. I believe that the good can prevail, but only with great effort. And that effort is ours, each of ours, yours and mine….Never cease in the fight for
peace, justice, and equality for all people. Be persistent in all that you do and don’t allow anyone to sway you from your conscience.”
Please join the LP-DOC is congratulating Leonard on this monumental acheivement!
Write to Leonard Peltier at this address:
Leonard Peltier # 89637-132
USP Lewisburg
PO BOX 1000
Lewisburg, Pennsylvania 17837
************************************************
For more information about Leonard Peltier’s case, about his humanitarian work, or about his works of art, please contact his defense committee at this address:
Leonard Peltier Defense Offense Committee
P.O. Box 7488
Fargo, North Dakota 58106
http://whoisleonardpeltier.info/
whoisleonardpeltier.info
Fonte: whoisleonardpeltier....
L’attivista dei Nativi Americani e prigioniero politico Leonard Peltier è stato candidato, per il sesto anno consecutivo, al Nobel per la pace. Peltier è rinchiuso in una prigione federale fin dal 1976, candidato al Nobel per la pace, dal 2004 fino ad oggi, è questo fatto è degno di nota.
Peltier è stato ingiustamente accusato della morte di due agenti dell’FBI in Sud Dakota ed è stato a lungo decretato a livello internazionale come una delle più palesi ingiustizie nella recente storia giuridica degli Stati Uniti. Nel corso della sua vicenda giudiziaria, i pubblici ministeri federali sono stati apertamente sospettati di aver costruito prove contro Peltier, rifiutato le prove, e anche di aver costretto i testimoni a dire il falso.
Lynn Crooks, Assistente speciale del Procuratore, nel processo Peltier, ha ammesso ad un giudice federale che "il governo non sa chi abbia ucciso i suoi agenti, e non sappiamo quale partecipazione Leonard Peltier possa aver avuto in questo omicidio." Ma intanto Leonard Peltier è rimasto prigioniero per più di 33 anni. Cinquantacinque senatori degli Stati Uniti e Rappresentanti del Congresso (compresi i democratici e i repubblicani) hanno presentato un ricorso chiedendo che Peltier a breve possa ricevere un nuovo processo. Amnesty International ha chiesto ripetutamente che Peltier fosse immediatamente rilasciato dal carcere, i governi di tutto il mondo hanno avanzato risoluzioni insistendo sul fatto che Peltier fosse liberato, e illustri sostenitori dei diritti umani sono stati molto espliciti nel loro forte sostegno per Peltier, comprese sei persone che hanno già ricevuto il premio Nobel per la pace: Nelson Mandela (1993), Rigoberta Menchú Tum (1992), Mikhail Gorbachev (1990), il Dalai Lama (1989), l'Arcivescovo Desmond Tutu (1984), e Madre Teresa di Calcutta (1979 ).
Nonostante il suo ben noto status di prigioniero politico, la base per la candidatura al Nobel di Peltier è stato il suo notevole successo nel promuovere la causa della pace e dei diritti umani. Durante i suoi 33 anni di ingiusta detenzione, Peltier ha lavorato instancabilmente su una moltitudine di iniziative organizzate per aiutare altre persone ad ottenere una più dignitosa e umana esistenza. Mentre il Comitato del Nobel di Oslo (Norvegia) chiede che le lettere di nomina non vengano rese pubbliche, è comunque noto che Leonard Peltier ha facilitato numerosi importanti donazioni a una vasta gamma di organizzazioni di beneficenza e per i diritti umani.
Peltier ovviamente non ha una situazione finanziaria florida, ma è un ottimo pittore. Spesso utilizza l'esiguità dei fondi sul suo conto del carcere per forniture d'arte, come vernici, pennelli e tela, per produrre opere che poi vengono messe all'asta ed il ricavato donato in beneficenza. Peltier ha inoltre collaborato per creare programmi di assistenza per molti gruppi svantaggiati, ed ha aiutato in altri modi a finanziare una serie di borse di studio per giovani Nativi Americani vittime di violenza domestica. Il Natale di raccolta di fondi da Peltier, iniziato oltre 25 anni fa sulla Pine Ridge Indian Reservation nel Sud Dakota (uno dei luoghi più poveri negli Stati Uniti) è stato costantemente ampliato e ora fornisce assistenza in almeno cinque diverse riserve indiane. Le famiglie che ricevono i benefici da questo programma annuale sono ormai migliaia. È difficile determinare con esattezza la somma totale di donazioni e contributi che Peltier ha facilitato con il suo operato. Peltier si rifiuta di vantare la sua opera umanitaria e molti dei suoi progetti non sono stati resi pubblici. Si stima, tuttavia, che il totale dei contributi risultanti dal lavoro di Peltier durante i suoi 33 anni di reclusione ammonti in milioni di dollari.
Peltier ha scritto molto, durante i suoi anni in prigione, sfruttando tutte le opportunità per incoraggiare le persone a non portare rancore, a prendersi cura dell'ambiente, ed a trattare ognuno con amore e rispetto. Non è una piccola ironia che una persona trattata in un modo così disumano si pronunci in un modo così forte a favore dei diritti umani degli altri, che una persona così impoverita finanziariamente debba contribuire ad aumentare quantità di denaro per gli altri, che una persona con tanta amarezza dentro, risentito per una giusta causa, debba incoraggiare il perdono, e che una persona in carcere debba essere uno dei più forti sostenitori della libertà in America.
Nel 1999 Peltier dalla prigione ha scritto il libro: My life is my Sundance (Saint Martin's Press), che ancora oggi continua ad essere un best seller. E 'giusto che Leonard, concluda il presente comunicato stampa con parole tratte dal suo libro:"In questo siamo insieme - i ricchi, i poveri, il rosso, il bianco, il nero, il marrone e il giallo . Siamo tutti una sola famiglia del genere umano. Noi condividiamo la responsabilità per la nostra Madre Terra e per tutti coloro che vivono e respirano su di lei. Credo che il nostro lavoro sarà incompiuto finché un solo essere umano soffrirà la fame o sarà ferito, una sola persona sarà costretta a morire in guerra, o un solo essere umano soffrirà in carcere da innocente e finchè un solo essere umano sarà perseguitato per il suo credo. Credo nel bene del genere umano. Credo che il bene può prevalere, ma solo con grande sforzo. E questo è il nostro sforzo, di ciascuno di voi, è il vostro è il mio .... La lotta per la pace, la giustizia e l'uguaglianza di tutti gli uomini non deve mai cessare. Siate persistenti in tutto quello che fate e non permettete a chiunque di influenzare la vostra coscienza”.
Si prega di aderire alla LP-DOC per congratularvi con Leonard per questo risultato.
Scrivete a Leonard Peltier a questo indirizzo:
Leonard Peltier # 89637-132
USP Lewisburg
PO BOX 1000
Lewisburg, Pennsylvania 17837
lunedì 27 aprile 2009
E' IN PERICOLO IL MONTE SACRO PER GLI APACHE
Il luogo
Il Monte Graham e’ una delle cime piu’ alte dell’Arizona (m.3200) e si trova non lontano da Phoenix e Tucson, nei pressi della Riserva Apache San Carlos. Il nome apache e’ “Dzil Nchaa Si An”, la Grande Montagna Seduta, che riflette la forma larga e appiattita in punta tipica di quel monte.
Mount Graham rappresenta un patrimonio unico di diversita’ biologica del Nord America, essendo uno dei rari ecosistemi inalterati nel deserto del Sud Ovest degli Stati Uniti e del Messico. Unico nel suo genere perche’ rappresenta l’ultimo esempio rimasto nella zona dell’habitat ecologico esistente nell’ultima glaciazione.
L’area possiede 5 delle 7 zone vegetali del nord America che vanno dalla vegetazione desertica alla foresta boreale. E’ anche presente un rarissimo tipo di pinacea a grosso fusto, la “Spruce Firs”.
Sulla montagna vive lo Scoiattolo Rosso di Mount Graham, una specie dichiarata a rischio di estinzione. La montagna ospita inoltre altre 17 specie endemiche di animali e vegetali.
La montagna sacra degli Apache
Mount Graham riveste da tempi immemorabili una funzione importante per la comunita’ Apache: e’ infatti considerato il loro massimo luogo sacro. Per gli Apache, Mount Graham e’ il tramite tra Wakan Tanka (il Grande Spirito) e la loro gente. Un luogo di culto e di guarigione: e’ qui infatti che i medicine-men Apache trovano le acque e le erbe per curare la loro gente, e’ qui che gli sciamani si formano interiormente, e’ qui che, come spiega il medicine-man Apache Franklin Stanley, il Grande Spirito insegna ai medicine-men come acquisire il loro potere, e li aiuta a trovare erbe, acque e piante per le loro azioni terapeutiche.
La montagna e’ sempre stata usata dagli Apache per cerimonie religiose collettive e per pratiche spirituali individuali. Ha quindi un ruolo centrale e fondamentale nella cultura e nella religiosita’ Apache.
L’osservatorio astronomico contestato
Dal 1984 il luogo sacro degli Apache e’ in pericolo. Da quando cioe’ l’Universita’ dell’Arizona ha deciso di costruire un osservatorio astronomico sul monte Graham che prevede la costruzione di 18 telescopi, successivamente ridotti a 7, sulla cima della montagna, di cui 2 sono gia’ stati costruiti.
L’impatto del progetto e’ devastante per l’ambiente e per la cultura Apache.
Una vasta zona sulla sommita’ della montagna (quella considerata piu’ sacra) e’ stata chiusa agli Apache. Dal punto di vista della cultura Apache, il progetto viola la loro liberta’ religiosa ed e’ una minaccia per l’unita’ della comunita’.
La scelta di Mount Graham e’ soprattutto legata a motivazioni economiche data la sua vicinanza alle strutture dell’Universita’ dell’Arizona.
Il coinvolgimento dell’Italia e del Vaticano nel progetto
L’Italia partecipa al progetto con due sponsor, l’Osservatorio di Arcetri e la Specola Vaticana. Il telescopio della Specola Vaticana è l'unico finora in funzione. In risposta agli appelli degli Apache il Vaticano ha dichiarato che il luogo non ha caratteristiche di sacralità.
L’Osservatorio di Arcetri e’ direttamente coinvolto nella costruzione del piu’ importante dei telescopi, chiamato “Large Binocular Telescope” (LBT), che sara’ il piu’ grande telescopio ottico del Nord.
La posizione del Vaticano
Il 25 Maggio 1992 il Direttore dell’Osservatorio vaticano Coyne attacca le tradizioni Apache. In una lettera al Working Group for Indigenous Peoples di Amsterdam, Padre Coyne include un documento in cui dichiara che “le credenze Apache sono un tipo di religiosità che deve essere soppressa con tutte le forze che possiamo radunare”.
La sua dichiarazione fa parte di un documento intitolato “Riflessioni Personali sulla Natura del Sacro” in cui Padre Coyne si appella a tale soppressione perchè dice perchè gli Apache San Carlos “non hanno fornito argomenti ragionevoli sul carattere sacro di Mount Graham”.
La lotta degli Apache
Dal 1990 la Nazione Apache sta lottando con ogni mezzo per fermare il progetto. Il Consiglio Tribale degli Apache San Carlos ha emesso piu’ volte risoluzioni ufficiali contro l’osservatorio in costruzione, considerato una vera e propria dissacrazione. Oltre alle altre nazioni Apache, molte altre nazioni native hanno sottoscritto le risoluzioni del Consiglio Tribale.
Il maggior movimento in difesa della montagna sacra e’ la Apache Survival Coalition, fondato da Ola Cassadore e supportato dal Consiglio Tribale degli Apache San Carlos.
Ola Cassadore, sorella del grande Apache e leader tradizionale Philip Cassadore, e’ stata incaricata dal fratello di proteggere la montagna, quando ancora non esisteva il progetto. Ola Cassadore, insieme al marito Mike Davis, porta avanti la sua missione supportata dai medicine-men Apache e dal Consiglio Tribale.
Il sostegno agli Apache
Al fianco degli Apache si sono schierati numerosi consigli Tribali e movimenti di popoli nativi tra cui: l’International Indian Treaty Council, il National Congress of American Indian, l’American Indian Religious Freedom Coalition, la Tribu’ dei Tohono O’ Odham, e molte altre Tribu’.
Moltissimi movimenti ambientalisti e per la difesa dei diritti umani da tutto il mondo si sono associati alla lotta, tra cui: la Society for Conservation Biology, Amnesty International, il National Council of Church, la Sierra Club Legal Defense Found, la National Audubon Society, la Human Society of the U.S., la Save American’s Forest, la Defenders of Wildlife, la Environment Student Action Coalition.
50 astronomi delle maggiori universita’ inglesi hanno firmato un appello per la difesa di Mt. Graham.
Molti degli sponsor del progetto si sono ritirati o si stanno ritirando, vista la strenua opposizione degli Apache e considerata la scarsa visibilita’ del luogo. Tra questi uno dei maggiorni, il Max Plank Institute (Germania). Rimangono invece gli sponsor italiani, ovvero l’osservatorio di Arcetri e la Specola Vaticana.
La lotta in Italia
Nel 1993 Rosalba Nattero e Giancarlo Barbadoro, promotori della Ecospirituality Foundation e dell’Associazione Culturale Grotta di Merlino, dopo numerosi contatti in Arizona con Ola Cassadore e Mike Davis, promuovono una campagna a favore di Mount Graham in tutta Italia a seguito della quale si formano numerosi gruppi di sostegno, tra cui: Acli, Amici della Terra, Arci, Greenpeace Italia, Legambiente, Lega Anti Vivisezione, Survival Italia, Wilderness Italia, WWF Italia.
Negli ultimi dieci anni numerose delegazioni di Apache sono venute in Italia per chiedere al governo di bloccare i fondi per Mt. Graham. Nel 1992 una delegazione fu ricevuta da Oscar Luigi Scalfaro. In precedenza una delegazione fu incontrata dal Presidente Cossiga. Nel 1998 un’altra delegazione fu ricevuta dal Presidente della Camera On. Luciano Violante. Nel 1999 una delegazione Apache incontra numerose personalita’ politiche italiane, tra cui l’On. Mussi, l’On. Cento, i Sen. Manconi e Toia.
Nel 1997 e’ stata presentata al Parlamento italiano una proposta di legge da parte dell’On. Cento in cui si chiede che vengano sospesi i fondi per il finanziamento degli sponsor italiani.
Nel 1998 i lavoratori dell’Ansaldo, l’azienda destinata alla costruzione della meccanica del telescopio di Arcetri, entrano in sciopero dichiarando obiezione di coscienza.
Gli ultimi avvenimenti
Nel mese di giugno 2001 Ola Cassadore, Portavoce ufficiale del Consiglio Tribale degli Apache San Carlos e Presidente della Apache Survival Coalition, con il marito Mike Davis, Executive Director della Apache Survival Coalition, è ospite della Ecospirituality Foundation rimanendo per due settimane in Italia.
La loro visita ha lo scopo di sensibilizzare il pubblico italiano sul loro problema e di incontrarsi con varie personalità politiche per chiedere il blocco dei fondi destinati all'osservatorio. Sono state mobilitate tutte le forze a sostegno della loro causa e sono avvenuti importanti incontri con un ampio ventaglio di forze politiche italiane.
A Roma Ola Cassadore e la sua delegazione incontrano politici e sindacalisti, nonché organizzazioni umanitarie. Tra i primi: Sergio Cofferati della CGIL, Grazia Francescato dei Verdi, l'onorevole Rizzo, il senatore Marino, il Ministro Vinci-Gigliucci del Ministero degli Esteri. Tra le seconde: Amnesty International Italia.
Il 21 giugno 2001 la Provincia di Roma ospita la delegazione Apache per una conferenza stampa nella sua sede e il Presidente Moffa ha provveduto a far conoscere il caso presso le autorità interessate. Successivamente, il 19 luglio dello stesso anno, il Consiglio della Provincia di Roma ha votato all'unanimità un ordine del giorno in difesa di Mount Graham.
In Piemonte, la delegazione Apache viene ricevuta ufficialmente dalla Regione, dalla Provincia e dalla Città di Torino. Due Comuni, Venaria Reale e Collegno, a seguito della visita degli Apache, firmano una Risoluzione in supporto alla loro lotta e molti altri, sotto il loro stimolo, stanno seguendo lo stesso esempio.
A seguito della visita di Ola Cassadore in Italia si attivano una serie di iniziative politiche a favore di Mount Graham: nel luglio 2001 Armando Cossutta, membro dell'Europarlamento, presenta una interrogazione al Parlamento Europeo per chiedere chiarimenti sul coinvolgimento dell'Europa al progetto.
Il 6 giugno 2001 il Senatore Luigi Marino dei Comunisti Italiani presenta una interpellanza al governo sollecitando che venga rispettata la cultura e la religiosità degli Apache.
Il 19 settembre 2001 l'on. Paolo Cento presenta alla Camera una nuova mozione, firmata da 35 deputati di tutti i Gruppi, in cui si chiede al Governo il blocco dei fondi destinati all'osservatorio. La mozione viene messa all'ordine del giorno il 28 gennaio 2002 e la discussione è ancora aperta.
Nel luglio 2002 una delegazione della Ecospirituality Foundation partecipa alla Commissione per i Diritti Umani di Ginevra dedicata ai Popoli indigeni. Rosalba Nattero e Giancarlo Barbadoro, in veste di portavoci di Ola Cassadore, leggono due appelli in cui portano a conoscenza della Commissione la situazione di Mount Graham.
Negli anni successivi, Rosalba Nattero e Giancarlo Barbadoro presentano numerosi appelli all'ONU di Ginevra e di New York richiedendo la tutela dei diritti degli Apache.
Il 29 aprile 2008 Rosalba Nattero e Giancarlo Barbadoro incontrano il Rappresentante del Vaticano durante i lavori del "Permanent Forum on Indigenous Issues" dell'ONU di New York e avviano un contatto ufficiale che apre alla possibilità di un dialogo costruttivo tra gli Apache e il Vaticano.
Il Monte Graham e’ una delle cime piu’ alte dell’Arizona (m.3200) e si trova non lontano da Phoenix e Tucson, nei pressi della Riserva Apache San Carlos. Il nome apache e’ “Dzil Nchaa Si An”, la Grande Montagna Seduta, che riflette la forma larga e appiattita in punta tipica di quel monte.
Mount Graham rappresenta un patrimonio unico di diversita’ biologica del Nord America, essendo uno dei rari ecosistemi inalterati nel deserto del Sud Ovest degli Stati Uniti e del Messico. Unico nel suo genere perche’ rappresenta l’ultimo esempio rimasto nella zona dell’habitat ecologico esistente nell’ultima glaciazione.
L’area possiede 5 delle 7 zone vegetali del nord America che vanno dalla vegetazione desertica alla foresta boreale. E’ anche presente un rarissimo tipo di pinacea a grosso fusto, la “Spruce Firs”.
Sulla montagna vive lo Scoiattolo Rosso di Mount Graham, una specie dichiarata a rischio di estinzione. La montagna ospita inoltre altre 17 specie endemiche di animali e vegetali.
La montagna sacra degli Apache
Mount Graham riveste da tempi immemorabili una funzione importante per la comunita’ Apache: e’ infatti considerato il loro massimo luogo sacro. Per gli Apache, Mount Graham e’ il tramite tra Wakan Tanka (il Grande Spirito) e la loro gente. Un luogo di culto e di guarigione: e’ qui infatti che i medicine-men Apache trovano le acque e le erbe per curare la loro gente, e’ qui che gli sciamani si formano interiormente, e’ qui che, come spiega il medicine-man Apache Franklin Stanley, il Grande Spirito insegna ai medicine-men come acquisire il loro potere, e li aiuta a trovare erbe, acque e piante per le loro azioni terapeutiche.
La montagna e’ sempre stata usata dagli Apache per cerimonie religiose collettive e per pratiche spirituali individuali. Ha quindi un ruolo centrale e fondamentale nella cultura e nella religiosita’ Apache.
L’osservatorio astronomico contestato
Dal 1984 il luogo sacro degli Apache e’ in pericolo. Da quando cioe’ l’Universita’ dell’Arizona ha deciso di costruire un osservatorio astronomico sul monte Graham che prevede la costruzione di 18 telescopi, successivamente ridotti a 7, sulla cima della montagna, di cui 2 sono gia’ stati costruiti.
L’impatto del progetto e’ devastante per l’ambiente e per la cultura Apache.
Una vasta zona sulla sommita’ della montagna (quella considerata piu’ sacra) e’ stata chiusa agli Apache. Dal punto di vista della cultura Apache, il progetto viola la loro liberta’ religiosa ed e’ una minaccia per l’unita’ della comunita’.
La scelta di Mount Graham e’ soprattutto legata a motivazioni economiche data la sua vicinanza alle strutture dell’Universita’ dell’Arizona.
Il coinvolgimento dell’Italia e del Vaticano nel progetto
L’Italia partecipa al progetto con due sponsor, l’Osservatorio di Arcetri e la Specola Vaticana. Il telescopio della Specola Vaticana è l'unico finora in funzione. In risposta agli appelli degli Apache il Vaticano ha dichiarato che il luogo non ha caratteristiche di sacralità.
L’Osservatorio di Arcetri e’ direttamente coinvolto nella costruzione del piu’ importante dei telescopi, chiamato “Large Binocular Telescope” (LBT), che sara’ il piu’ grande telescopio ottico del Nord.
La posizione del Vaticano
Il 25 Maggio 1992 il Direttore dell’Osservatorio vaticano Coyne attacca le tradizioni Apache. In una lettera al Working Group for Indigenous Peoples di Amsterdam, Padre Coyne include un documento in cui dichiara che “le credenze Apache sono un tipo di religiosità che deve essere soppressa con tutte le forze che possiamo radunare”.
La sua dichiarazione fa parte di un documento intitolato “Riflessioni Personali sulla Natura del Sacro” in cui Padre Coyne si appella a tale soppressione perchè dice perchè gli Apache San Carlos “non hanno fornito argomenti ragionevoli sul carattere sacro di Mount Graham”.
La lotta degli Apache
Dal 1990 la Nazione Apache sta lottando con ogni mezzo per fermare il progetto. Il Consiglio Tribale degli Apache San Carlos ha emesso piu’ volte risoluzioni ufficiali contro l’osservatorio in costruzione, considerato una vera e propria dissacrazione. Oltre alle altre nazioni Apache, molte altre nazioni native hanno sottoscritto le risoluzioni del Consiglio Tribale.
Il maggior movimento in difesa della montagna sacra e’ la Apache Survival Coalition, fondato da Ola Cassadore e supportato dal Consiglio Tribale degli Apache San Carlos.
Ola Cassadore, sorella del grande Apache e leader tradizionale Philip Cassadore, e’ stata incaricata dal fratello di proteggere la montagna, quando ancora non esisteva il progetto. Ola Cassadore, insieme al marito Mike Davis, porta avanti la sua missione supportata dai medicine-men Apache e dal Consiglio Tribale.
Il sostegno agli Apache
Al fianco degli Apache si sono schierati numerosi consigli Tribali e movimenti di popoli nativi tra cui: l’International Indian Treaty Council, il National Congress of American Indian, l’American Indian Religious Freedom Coalition, la Tribu’ dei Tohono O’ Odham, e molte altre Tribu’.
Moltissimi movimenti ambientalisti e per la difesa dei diritti umani da tutto il mondo si sono associati alla lotta, tra cui: la Society for Conservation Biology, Amnesty International, il National Council of Church, la Sierra Club Legal Defense Found, la National Audubon Society, la Human Society of the U.S., la Save American’s Forest, la Defenders of Wildlife, la Environment Student Action Coalition.
50 astronomi delle maggiori universita’ inglesi hanno firmato un appello per la difesa di Mt. Graham.
Molti degli sponsor del progetto si sono ritirati o si stanno ritirando, vista la strenua opposizione degli Apache e considerata la scarsa visibilita’ del luogo. Tra questi uno dei maggiorni, il Max Plank Institute (Germania). Rimangono invece gli sponsor italiani, ovvero l’osservatorio di Arcetri e la Specola Vaticana.
La lotta in Italia
Nel 1993 Rosalba Nattero e Giancarlo Barbadoro, promotori della Ecospirituality Foundation e dell’Associazione Culturale Grotta di Merlino, dopo numerosi contatti in Arizona con Ola Cassadore e Mike Davis, promuovono una campagna a favore di Mount Graham in tutta Italia a seguito della quale si formano numerosi gruppi di sostegno, tra cui: Acli, Amici della Terra, Arci, Greenpeace Italia, Legambiente, Lega Anti Vivisezione, Survival Italia, Wilderness Italia, WWF Italia.
Negli ultimi dieci anni numerose delegazioni di Apache sono venute in Italia per chiedere al governo di bloccare i fondi per Mt. Graham. Nel 1992 una delegazione fu ricevuta da Oscar Luigi Scalfaro. In precedenza una delegazione fu incontrata dal Presidente Cossiga. Nel 1998 un’altra delegazione fu ricevuta dal Presidente della Camera On. Luciano Violante. Nel 1999 una delegazione Apache incontra numerose personalita’ politiche italiane, tra cui l’On. Mussi, l’On. Cento, i Sen. Manconi e Toia.
Nel 1997 e’ stata presentata al Parlamento italiano una proposta di legge da parte dell’On. Cento in cui si chiede che vengano sospesi i fondi per il finanziamento degli sponsor italiani.
Nel 1998 i lavoratori dell’Ansaldo, l’azienda destinata alla costruzione della meccanica del telescopio di Arcetri, entrano in sciopero dichiarando obiezione di coscienza.
Gli ultimi avvenimenti
Nel mese di giugno 2001 Ola Cassadore, Portavoce ufficiale del Consiglio Tribale degli Apache San Carlos e Presidente della Apache Survival Coalition, con il marito Mike Davis, Executive Director della Apache Survival Coalition, è ospite della Ecospirituality Foundation rimanendo per due settimane in Italia.
La loro visita ha lo scopo di sensibilizzare il pubblico italiano sul loro problema e di incontrarsi con varie personalità politiche per chiedere il blocco dei fondi destinati all'osservatorio. Sono state mobilitate tutte le forze a sostegno della loro causa e sono avvenuti importanti incontri con un ampio ventaglio di forze politiche italiane.
A Roma Ola Cassadore e la sua delegazione incontrano politici e sindacalisti, nonché organizzazioni umanitarie. Tra i primi: Sergio Cofferati della CGIL, Grazia Francescato dei Verdi, l'onorevole Rizzo, il senatore Marino, il Ministro Vinci-Gigliucci del Ministero degli Esteri. Tra le seconde: Amnesty International Italia.
Il 21 giugno 2001 la Provincia di Roma ospita la delegazione Apache per una conferenza stampa nella sua sede e il Presidente Moffa ha provveduto a far conoscere il caso presso le autorità interessate. Successivamente, il 19 luglio dello stesso anno, il Consiglio della Provincia di Roma ha votato all'unanimità un ordine del giorno in difesa di Mount Graham.
In Piemonte, la delegazione Apache viene ricevuta ufficialmente dalla Regione, dalla Provincia e dalla Città di Torino. Due Comuni, Venaria Reale e Collegno, a seguito della visita degli Apache, firmano una Risoluzione in supporto alla loro lotta e molti altri, sotto il loro stimolo, stanno seguendo lo stesso esempio.
A seguito della visita di Ola Cassadore in Italia si attivano una serie di iniziative politiche a favore di Mount Graham: nel luglio 2001 Armando Cossutta, membro dell'Europarlamento, presenta una interrogazione al Parlamento Europeo per chiedere chiarimenti sul coinvolgimento dell'Europa al progetto.
Il 6 giugno 2001 il Senatore Luigi Marino dei Comunisti Italiani presenta una interpellanza al governo sollecitando che venga rispettata la cultura e la religiosità degli Apache.
Il 19 settembre 2001 l'on. Paolo Cento presenta alla Camera una nuova mozione, firmata da 35 deputati di tutti i Gruppi, in cui si chiede al Governo il blocco dei fondi destinati all'osservatorio. La mozione viene messa all'ordine del giorno il 28 gennaio 2002 e la discussione è ancora aperta.
Nel luglio 2002 una delegazione della Ecospirituality Foundation partecipa alla Commissione per i Diritti Umani di Ginevra dedicata ai Popoli indigeni. Rosalba Nattero e Giancarlo Barbadoro, in veste di portavoci di Ola Cassadore, leggono due appelli in cui portano a conoscenza della Commissione la situazione di Mount Graham.
Negli anni successivi, Rosalba Nattero e Giancarlo Barbadoro presentano numerosi appelli all'ONU di Ginevra e di New York richiedendo la tutela dei diritti degli Apache.
Il 29 aprile 2008 Rosalba Nattero e Giancarlo Barbadoro incontrano il Rappresentante del Vaticano durante i lavori del "Permanent Forum on Indigenous Issues" dell'ONU di New York e avviano un contatto ufficiale che apre alla possibilità di un dialogo costruttivo tra gli Apache e il Vaticano.
STOP AL SILENZIO
STOP AL SILENZIO SUI CRIMINI DELLA CHIESA CATTOLICA NEL GENOCIDIO DEI NATIVI AMERICANI (Campagna informativa)
Vogliamo sottoporre alla vostra cortese attenzione riguardo l'implicazione della Chiesa Cattolica nei crimini commessi nelle scuole residenziali canadesi e nelle boarding school americane.
Questi crimini sono ormai documentati e ampiamenti diffusi su Internet, ma trovano scarsa attenzione sui media e sui giornali; la nostra richiesta è di porre fine a questo ingiustificato silenzio. Nel giugno scorso il primo ministro canadese Stephen Harper ha chiesto ufficialmente scusa per gli orrori commessi in queste scuole, sancendo, con questo atto, se non giustizia, il riconoscimento ufficiale degli orrori commessi in queste scuole. Più di 100.000 nativi americani furono costretti dal governo degli Stati Uniti a frequentare scuole cristiane. Il sistema, che ha avuto inizio con il presidente Grant nel 1869, è continuato anche nel 20° secolo. Funzionari della Chiesa, missionari, e le autorità locali hanno preso i bambini dai loro genitori e li hanno spediti nelle scuole cristiane, le Boarding School, e costretti altri ad iscriversi nelle scuole cristiane delle riserve. Sono stati separati dalle loro famiglie, per la maggior parte dell’anno, talvolta senza una sola visita della famiglia.
Praticamente imprigionati nelle scuole, i bambini hanno sperimentato una devastante litania di abusi, di assimilazione forzata e abusi sessuali e fisici. L’escalation di abusi sessuali sulle scuole delle riserve è continuata fino alla fine degli anni 1980. Le sevizie fisiche e psicologiche, le torture, gli stupri, i reati sessuali, gli omicidi e tutti gli altri atti di violenza, aggravati dal comportamento silente ed omertoso fin qui sistematicamente osservato dalla Chiesa, non possono e non devono essere ulteriormente nascosti.
Tali crimini, che hanno avuto come conseguenza la morte, solamente nel Canada, di 50.000 bambini Nativi Americani, strappati alle loro famiglie con la complicità dei governi e costretti con la forza alla conversione culturale e religiosa, con la finalità e il modus operandi definito dal Diritto Internazionale come “Genocidio”.
Studiosi e attivisti hanno solo adesso iniziato ad analizzare quelli che definiscono “gli effetti cumulativi di queste esperienze storiche in genere sulle comunità tribali e le generazione di oggi”. Effetti in molti casi devastanti. Kevin Annett ha realizzato un documentario, “Unrepentant: Kevin Annett and Canada’s Genocide”, che è stato premiato, al New York Independent Film and Video Festival nel 2006 e come miglior documentario al Los Angeles Independent Film Festival nel marzo 2007; descrive la storia personale di Kevin Annett quando, nelle veste di reverendo, si è scontrato con la Chiesa Unita per il suo interessamento ai fatti accaduti nelle scuole residenziali canadesi e il genocidio commesso dai responsabili religiosi di queste scuole, e riporta numerose testimonianze dei nativi sopravvissuti.
Questo documentario è stato, oggi, da noi sottotitolato in italiano, chiediamo che sia trasmesso
integralmente, siamo a disposizione per fornirlo a chiunque sia interessato a mandarlo in onda.
www.nativiamericani.it
La riproduzione e la diffusione di questo documento è libera per tutti i siti a carattere non
commerciale e ai soli fini di diffusione informativa. Per tutti gli altri casi è espressamente vietata la copia, la diffusione, anche parziale di questo documento senza l’autorizzazione, da inoltrare a: info@nativiamericani.it
Attualmente è possibile vederlo su http://www.nativiamericani.it. Stiamo attivando una campagna
informativa per far conoscere questi fatti, i loro responsabili diretti e indiretti. Chiediamo il
vostro supporto e il vostro aiuto. Ci rendiamo conto che non è una richiesta semplice, ma facciamo
appello al vostro senso di responsabilità e giustizia, ai valori civili e democratici che siamo certo
animano il vostro lavoro, affinché essa sia accolta. La maggioranza di queste scuole scuole - lager era gestita dalla Chiesa Cattolica, e per la restante parte da altre Chiese. Potete facilmente trovare
informazioni dettagliate sul sito http://www.hiddenfromhistory.org, sul nostro Blog http://www.nativiamericani.it ma anche su centinaia di siti internet. Aiutateci a ristabilire la verità, a
dare giustizia a tutti i bambini uccisi e senza nome, senza degna sepoltura, ai sopravvissuti e alle loro famiglie. Aiutateci a far sì che la Chiesa Cattolica riconosca ufficialmente e pubblicamente la propria responsabilità diretta in questi crimini.
Quella che segue è la nostra personale lettera inviata al Vaticano, scrivi anche tu
una tua lettera e diffondi la verità.
Lettera indirizzata a: Archivio segreto del Vaticano asv@asv.va, Radio Vaticana
sedoc@vatiradio.va, dirgen@vatiradio.va, Uffico Internet della Santa Sede ufficio-internet@net.va;
office@net.va, “L’Osservatore Romano” ornet@ossrom.va, Diocesi di Roma
segreteriagenerale@vicariatusurbis.org, Ufficio Stampa e comunicazioni sociali del Vicariato di
Roma comsoc@roma.chiesacattolica.it, stampa@vicariatusurbis.org, Famiglia Cristiana
famigliacristiana@stpauls.it, direzionefc@stpauls.it, Vatican Information Service vis@pressvavis.
va,Ufficio Nazionale per le Comunicazioni Sociali giuliodori@chiesacattolica.it,
f.mazza@chiesacattolica.it, Centro Televisivo Vaticano ctv@ctv.va
06/11/2008
“Scriviamo la presenta lettera per chiedere che la Chiesa Cattolica riconosca ufficialmente e
pubblicamente la propria responsabilità diretta nei crimini commessi nelle scuole residenziali
cattoliche canadesi e nelle Boarding School cattoliche americane. A seguito di questa richiesta,
chiediamo l’istituzione di un’inchiesta approfondita sui responsabili, diretti e indiretti, di tali crimini, che hanno avuto come conseguenza la morte, solamente nel Canada, di 50.000 bambini Nativi Americani, strappati alle loro famiglie con la complicità dei governi e costretti con la forza alla conversione culturale e religiosa, con la finalità e il modus operandi definito dal Diritto Internazionale come “Genocidio”. Il 9 dicembre 1948, la Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di Genocidio, all’articolo II, ha definito il Genocidio come uno dei seguenti atti effettuato con l’intento di distruggere, totalmente o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso:
1. Uccidere membri del gruppo;
2. Causare seri danni fisici o mentali a membri del gruppo;
3. Influenzare deliberatamente le condizioni di vita del gruppo con lo scopo di portare alla sua
distruzione fisica totale o parziale;
4. Imporre misure tese a prevenire le nascite all’interno del gruppo;
5. Trasferire forzatamente bambini del gruppo in un altro gruppo.
Il termine Genocidio è stato definito quindi dall’ONU come “Gli atti commessi con l’intenzione di
distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”. Anche la
sottomissione intenzionale di un gruppo a condizioni di esistenza che ne comportino la scomparsa sia fisica sia culturale, totale o parziale, è di solito inserita sotto la definizione di genocidio. Ciò che è stato fatto in queste scuole, sotto la diretta gestione della Chiesa Cattolica e di altre Chiese, rientra
pienamente nella definizione del crimine di Genocidio intenzionale, e in quella di Etnocidio. Per questi crimini, la Chiesa Cattolica non ha mai ammesso la propria responsabilità, è giunta l’ora che la verità debba essere conosciuta da tutti, anche a seguito delle scuse ufficiali del Primo Ministro canadese Stephen Harper del giugno scorso, che sancisce, con questo atto, se non giustizia, il riconoscimento ufficiale degli orrori perpretati in queste scuole. Più di 100.000 nativi americani furono costretti dal governo degli Stati Uniti a frequentare scuole cristiane. Il sistema, che ha avuto inizio con il presidente Grant nel 1869, è continuato anche nel 20° secolo. Funzionari della Chiesa, missionari, e le autorità locali hanno preso i bambini dai loro genitori e li hanno spediti nelle scuole cristiane, le Boarding School, e costretti altri ad iscriversi nelle scuole cristiane delle riserve. Sono stati separati dalle loro famiglie, per la maggior parte dell’anno, talvolta senza una sola visita della famiglia. Praticamente imprigionati nelle scuole, i bambini hanno sperimentato una devastante litania di abusi, di assimilazione forzata e abusi sessuali e fisici. L’escalation di abusi sessuali sulle scuole delle riserve è continuata fino alla fine degli anni 1980. Le sevizie fisiche e psicologiche, le torture, gli stupri, i reati sessuali, gli omicidi e tutti gli altri atti di violenza, aggravati dal comportamento silente ed omertoso fin qui sistematicamente osservato, non possono e non devono essere ulteriormente nascosti. Non si può più chiudere gli occhi su quella che è ormai una realtà comprovata e documentata, e questo non accadrà fino a che la giustizia non farà il suo corso. Attendiamo una vostra presa di coscienza pubblica, che, ponendo fine al silenzio, possa restituire, almeno in parte, giustizia alle vittime del vostro operato, ai sopravvissuti e alle loro famiglie, nonché a tutti i popoli Nativi Americani, poiché, le vittime di tali crimini non furono soltanto i 50.000 bambini morti delle scuole residenziali, ma anche i sopravvissuti, la cui attuale condizione sociale è stata descritta dai gruppi per i diritti umani delle Nazioni Unite come
quella di “una popolazione colonizzata al limite della sopravvivenza, con tutte le caratteristiche di una società dal terzo mondo” (12 novembre 1999). Studiosi e attivisti hanno solo adesso iniziato ad
analizzare quelli che definiscono “gli effetti cumulativi di queste esperienze storiche in genere sulle
comunità tribali e le generazione di oggi”. E, affinché il riconoscimento e rammarico per i vostri
errori/orrori, non derivi solo in una formale giustificazione per le azioni compite eludendo le
responsabilità per i vostri atti, chiediamo inoltre la divulgazione integrale di quanto accaduto nelle scuole: i crimini e chi li ha commessi e l’istituzione di un tribunale penale internazionale con il potere di citare, arrestare e perseguitare i responsabili; chiediamo che i sopravvissuti possano portare a casa i resti di tutti i bambini che sono morti in queste scuole per dar loro una degna sepoltura e stabilire dei luoghi pubblici alla loro memoria. Ci attendiamo quindi una risposta in merito, ripetiamo, una presa di coscienza che ponga fine al silenzio. Non vi è ragione perché questo non avvenga”.
Vogliamo sottoporre alla vostra cortese attenzione riguardo l'implicazione della Chiesa Cattolica nei crimini commessi nelle scuole residenziali canadesi e nelle boarding school americane.
Questi crimini sono ormai documentati e ampiamenti diffusi su Internet, ma trovano scarsa attenzione sui media e sui giornali; la nostra richiesta è di porre fine a questo ingiustificato silenzio. Nel giugno scorso il primo ministro canadese Stephen Harper ha chiesto ufficialmente scusa per gli orrori commessi in queste scuole, sancendo, con questo atto, se non giustizia, il riconoscimento ufficiale degli orrori commessi in queste scuole. Più di 100.000 nativi americani furono costretti dal governo degli Stati Uniti a frequentare scuole cristiane. Il sistema, che ha avuto inizio con il presidente Grant nel 1869, è continuato anche nel 20° secolo. Funzionari della Chiesa, missionari, e le autorità locali hanno preso i bambini dai loro genitori e li hanno spediti nelle scuole cristiane, le Boarding School, e costretti altri ad iscriversi nelle scuole cristiane delle riserve. Sono stati separati dalle loro famiglie, per la maggior parte dell’anno, talvolta senza una sola visita della famiglia.
Praticamente imprigionati nelle scuole, i bambini hanno sperimentato una devastante litania di abusi, di assimilazione forzata e abusi sessuali e fisici. L’escalation di abusi sessuali sulle scuole delle riserve è continuata fino alla fine degli anni 1980. Le sevizie fisiche e psicologiche, le torture, gli stupri, i reati sessuali, gli omicidi e tutti gli altri atti di violenza, aggravati dal comportamento silente ed omertoso fin qui sistematicamente osservato dalla Chiesa, non possono e non devono essere ulteriormente nascosti.
Tali crimini, che hanno avuto come conseguenza la morte, solamente nel Canada, di 50.000 bambini Nativi Americani, strappati alle loro famiglie con la complicità dei governi e costretti con la forza alla conversione culturale e religiosa, con la finalità e il modus operandi definito dal Diritto Internazionale come “Genocidio”.
Studiosi e attivisti hanno solo adesso iniziato ad analizzare quelli che definiscono “gli effetti cumulativi di queste esperienze storiche in genere sulle comunità tribali e le generazione di oggi”. Effetti in molti casi devastanti. Kevin Annett ha realizzato un documentario, “Unrepentant: Kevin Annett and Canada’s Genocide”, che è stato premiato, al New York Independent Film and Video Festival nel 2006 e come miglior documentario al Los Angeles Independent Film Festival nel marzo 2007; descrive la storia personale di Kevin Annett quando, nelle veste di reverendo, si è scontrato con la Chiesa Unita per il suo interessamento ai fatti accaduti nelle scuole residenziali canadesi e il genocidio commesso dai responsabili religiosi di queste scuole, e riporta numerose testimonianze dei nativi sopravvissuti.
Questo documentario è stato, oggi, da noi sottotitolato in italiano, chiediamo che sia trasmesso
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commerciale e ai soli fini di diffusione informativa. Per tutti gli altri casi è espressamente vietata la copia, la diffusione, anche parziale di questo documento senza l’autorizzazione, da inoltrare a: info@nativiamericani.it
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informativa per far conoscere questi fatti, i loro responsabili diretti e indiretti. Chiediamo il
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appello al vostro senso di responsabilità e giustizia, ai valori civili e democratici che siamo certo
animano il vostro lavoro, affinché essa sia accolta. La maggioranza di queste scuole scuole - lager era gestita dalla Chiesa Cattolica, e per la restante parte da altre Chiese. Potete facilmente trovare
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dare giustizia a tutti i bambini uccisi e senza nome, senza degna sepoltura, ai sopravvissuti e alle loro famiglie. Aiutateci a far sì che la Chiesa Cattolica riconosca ufficialmente e pubblicamente la propria responsabilità diretta in questi crimini.
Quella che segue è la nostra personale lettera inviata al Vaticano, scrivi anche tu
una tua lettera e diffondi la verità.
Lettera indirizzata a: Archivio segreto del Vaticano asv@asv.va, Radio Vaticana
sedoc@vatiradio.va, dirgen@vatiradio.va, Uffico Internet della Santa Sede ufficio-internet@net.va;
office@net.va, “L’Osservatore Romano” ornet@ossrom.va, Diocesi di Roma
segreteriagenerale@vicariatusurbis.org, Ufficio Stampa e comunicazioni sociali del Vicariato di
Roma comsoc@roma.chiesacattolica.it, stampa@vicariatusurbis.org, Famiglia Cristiana
famigliacristiana@stpauls.it, direzionefc@stpauls.it, Vatican Information Service vis@pressvavis.
va,Ufficio Nazionale per le Comunicazioni Sociali giuliodori@chiesacattolica.it,
f.mazza@chiesacattolica.it, Centro Televisivo Vaticano ctv@ctv.va
06/11/2008
“Scriviamo la presenta lettera per chiedere che la Chiesa Cattolica riconosca ufficialmente e
pubblicamente la propria responsabilità diretta nei crimini commessi nelle scuole residenziali
cattoliche canadesi e nelle Boarding School cattoliche americane. A seguito di questa richiesta,
chiediamo l’istituzione di un’inchiesta approfondita sui responsabili, diretti e indiretti, di tali crimini, che hanno avuto come conseguenza la morte, solamente nel Canada, di 50.000 bambini Nativi Americani, strappati alle loro famiglie con la complicità dei governi e costretti con la forza alla conversione culturale e religiosa, con la finalità e il modus operandi definito dal Diritto Internazionale come “Genocidio”. Il 9 dicembre 1948, la Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di Genocidio, all’articolo II, ha definito il Genocidio come uno dei seguenti atti effettuato con l’intento di distruggere, totalmente o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso:
1. Uccidere membri del gruppo;
2. Causare seri danni fisici o mentali a membri del gruppo;
3. Influenzare deliberatamente le condizioni di vita del gruppo con lo scopo di portare alla sua
distruzione fisica totale o parziale;
4. Imporre misure tese a prevenire le nascite all’interno del gruppo;
5. Trasferire forzatamente bambini del gruppo in un altro gruppo.
Il termine Genocidio è stato definito quindi dall’ONU come “Gli atti commessi con l’intenzione di
distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”. Anche la
sottomissione intenzionale di un gruppo a condizioni di esistenza che ne comportino la scomparsa sia fisica sia culturale, totale o parziale, è di solito inserita sotto la definizione di genocidio. Ciò che è stato fatto in queste scuole, sotto la diretta gestione della Chiesa Cattolica e di altre Chiese, rientra
pienamente nella definizione del crimine di Genocidio intenzionale, e in quella di Etnocidio. Per questi crimini, la Chiesa Cattolica non ha mai ammesso la propria responsabilità, è giunta l’ora che la verità debba essere conosciuta da tutti, anche a seguito delle scuse ufficiali del Primo Ministro canadese Stephen Harper del giugno scorso, che sancisce, con questo atto, se non giustizia, il riconoscimento ufficiale degli orrori perpretati in queste scuole. Più di 100.000 nativi americani furono costretti dal governo degli Stati Uniti a frequentare scuole cristiane. Il sistema, che ha avuto inizio con il presidente Grant nel 1869, è continuato anche nel 20° secolo. Funzionari della Chiesa, missionari, e le autorità locali hanno preso i bambini dai loro genitori e li hanno spediti nelle scuole cristiane, le Boarding School, e costretti altri ad iscriversi nelle scuole cristiane delle riserve. Sono stati separati dalle loro famiglie, per la maggior parte dell’anno, talvolta senza una sola visita della famiglia. Praticamente imprigionati nelle scuole, i bambini hanno sperimentato una devastante litania di abusi, di assimilazione forzata e abusi sessuali e fisici. L’escalation di abusi sessuali sulle scuole delle riserve è continuata fino alla fine degli anni 1980. Le sevizie fisiche e psicologiche, le torture, gli stupri, i reati sessuali, gli omicidi e tutti gli altri atti di violenza, aggravati dal comportamento silente ed omertoso fin qui sistematicamente osservato, non possono e non devono essere ulteriormente nascosti. Non si può più chiudere gli occhi su quella che è ormai una realtà comprovata e documentata, e questo non accadrà fino a che la giustizia non farà il suo corso. Attendiamo una vostra presa di coscienza pubblica, che, ponendo fine al silenzio, possa restituire, almeno in parte, giustizia alle vittime del vostro operato, ai sopravvissuti e alle loro famiglie, nonché a tutti i popoli Nativi Americani, poiché, le vittime di tali crimini non furono soltanto i 50.000 bambini morti delle scuole residenziali, ma anche i sopravvissuti, la cui attuale condizione sociale è stata descritta dai gruppi per i diritti umani delle Nazioni Unite come
quella di “una popolazione colonizzata al limite della sopravvivenza, con tutte le caratteristiche di una società dal terzo mondo” (12 novembre 1999). Studiosi e attivisti hanno solo adesso iniziato ad
analizzare quelli che definiscono “gli effetti cumulativi di queste esperienze storiche in genere sulle
comunità tribali e le generazione di oggi”. E, affinché il riconoscimento e rammarico per i vostri
errori/orrori, non derivi solo in una formale giustificazione per le azioni compite eludendo le
responsabilità per i vostri atti, chiediamo inoltre la divulgazione integrale di quanto accaduto nelle scuole: i crimini e chi li ha commessi e l’istituzione di un tribunale penale internazionale con il potere di citare, arrestare e perseguitare i responsabili; chiediamo che i sopravvissuti possano portare a casa i resti di tutti i bambini che sono morti in queste scuole per dar loro una degna sepoltura e stabilire dei luoghi pubblici alla loro memoria. Ci attendiamo quindi una risposta in merito, ripetiamo, una presa di coscienza che ponga fine al silenzio. Non vi è ragione perché questo non avvenga”.
"La mia colpa è quella di essere un Nativo Americano! ...La tua?"
VIOLENZA SUI BAMBINI O GENOCIDIO?: il caso dei Nativi Americani
di osservatoriosullalegalita.org
Nel giugno scorso il primo ministro canadese Stephen Harper ha chiesto ufficialmente scusa in una seduta parlamentare per gli orrori commessi nelle scuole cristiane in cui decine di migliaia di nativi americani furono praticamente reclusi con la forza da bambini.
Circa 150.000 bambini inuit e appartenenti alle Nazioni indiane furono prelevati forzatamente dalle loro comunita' nei secoli scorsi e costretti a vivere nelle scuole residenziali, con lo scopo di imporre loro la cultura e la religione correnti nella maggioranza bianca del Paese. Secondo la CBC (testata canadese), le scuole residenziali canadesi erano circa 130 e alcune sono sopravvissute fino al 1996.
Negli USA, oltre 100.000 nativi americani furono costretti dal governo a frequentare scuole cristiane. "Il sistema, che ha avuto inizio con il presidente Grant nel 1869, è continuato anche nel 20° secolo" spiega Alessandro Profeti, che da anni approfondisce storia e cultura dei nativi americani.
"Funzionari della Chiesa, missionari, e le autorità locali hanno preso i bambini dai loro genitori e li hanno spediti nelle scuole cristiane, le Boarding School, e costretti altri ad iscriversi nelle scuole cristiane delle riserve. - continua Profeti - Sono stati separati dalle loro famiglie, per la maggior parte dell’anno, talvolta senza una sola visita della famiglia. Praticamente imprigionati nelle scuole, i bambini hanno sperimentato una devastante litania di abusi, di assimilazione forzata e abusi sessuali e fisici. L’escalation di abusi sessuali sulle scuole delle riserve è continuata fino alla fine degli anni 1980". (vedi anche il rapporto della Commissione per la verita' sul genocidio del Canada).
Secondo Profeti, "Le sevizie fisiche e psicologiche, le torture, gli stupri, i reati sessuali, gli omicidi e tutti gli altri atti di violenza, aggravati dal comportamento silente ed omertoso fin qui sistematicamente osservato dalla Chiesa, non possono e non devono essere ulteriormente nascosti. Tali crimini, che hanno avuto come conseguenza la morte, solamente nel Canada, di 50.000 bambini Nativi Americani, strappati alle loro famiglie con la complicità dei governi e costretti con la forza alla conversione culturale e religiosa, con la finalità e il modus operandi definito dal Diritto Internazionale come 'Genocidio'."
Studiosi e attivisti hanno solo adesso iniziato ad analizzare quelli che definiscono “gli effetti cumulativi di queste esperienze storiche in genere sulle comunità tribali e le generazione di oggi”. Effetti in molti casi devastanti. Poiche', sottolinea Profeti, "il 72% di queste scuole scuole - lager era gestita dalla Chiesa Cattolica, e per la restante parte da altre Chiese", sarebbe doverosa oggi un'ammissione ufficiale in cui il Vaticano riconosca "pubblicamente la propria responsabilità diretta in questi crimini" per onorare la memoria di quei ragazzini nativi americani e fare giustizia.
Alle accuse di diffamazione e disinformazione (non si mettono in discussione le sevizie, su cui vi sono testimonianze oculari, ma il fatto che di tali abusi siano state responsabili strutture cattoliche), Profeti e Kevin Annett rispondono con un elenco di chiese canadesi che portano nomi come "Chiesa Cattolica" o "Chiesa dell'Immacolata Concezione", che appaiono inequivocabili. "Ci sono, afferma Profeti, 79 scuole residenziali indiane cattoliche romane, elencate in questa lista che Annett stesso ci ha fornito, su un totale di 118 scuole residenziali che hanno operato in Canada tra il 1831 e il 1996. Giudicate voi se la nostra è diffamazione. Vi ricordiamo, che a questa lista mancano tutte le boarding school in USA, e le scuole delle missioni cristiane cattoliche nelle riserve". (e riferimenti alla Chiesa romana compaiono anche nel rapporto di cui sopra).
Annett - laureato in antropologia e Teologia e ministro della Chiesa Unita del Canada - opero' nella chiesa rurale di Manitoba e nei pressi di Toronto. Egli ha scritto due libri sugli abusi nelle scuole residenziali del Canada ed ha prodotto sul tema un documentario "Unrepentant: Kevin Annett and Canada's Genocide", vincitore nel 2006 del premio per la migliore regia all'International Independent Film & Video Festival di New York.
Il film descrive la storia personale di Annett quando si è scontrato con la Chiesa Unita per il suo interessamento ai fatti accaduti nelle scuole residenziali canadesi e il genocidio commesso dai responsabili religiosi di queste scuole, e riporta numerose testimonianze dei nativi sopravvissuti. Annett e' stato cacciato dalla Chiesa Unita e criticato - con diverse motivazioni - da coloro che vedono nella sua denuncia una minaccia alla riconciliazione fra la Nazione indiana canadese e le autorita' e il popolo (non aborigeno) del Canada.
A settembre scorso, infatti, il governo canadese ha varato un piano di quasi due miliardi di dollari per indennizzare le vittime ed ha stabilito una commissione per la verita' e la riconciliazione che esamini la questione. Ma Annett afferma che la questione non puo' essere chiusa con delle scuse e dei pagamenti. Occorre indagare sulle responsabilita' penali e morali delle uccisioni, degli stupri, delle sterilizzazioni forzate e degli altri abusi perpetrati ai danni dei bambini nativi americani.
Per questo, Profeti e altri sostenitori della causa dei Nativi Americani chiedono di scrivere a Benedetto XVI, Archivio segreto del Vaticano, Radio Vaticana, Uffico Internet della Santa Sede, “L’Osservatore Romano”, Diocesi di Roma, Ufficio Stampa e comunicazioni sociali del Vicariato di Roma, Famiglia Cristiana, Vatican Information Service, Chiesa Cattolica Italiana, Ufficio Nazionale per le Comunicazioni Sociali e Centro Televisivo Vaticano (benedettoxvi@vatican.va, asv@asv.va, sedoc@vatiradio.va, dirgen@vatiradio.va, ufficio-internet@net.va, office@net.va, ornet@ossrom.va, segreteriagenerale@vicariatusurbis.org, comsoc@roma.chiesacattolica.it, stampa@vicariatusurbis.org, famigliacristiana@stpauls.it, direzionefc@stpauls.it, vis@pressva-vis.va, giuliodori@chiesacattolica.it, f.mazza@chiesacattolica.it, ctv@ctv.va) una lettera che chiede al Vaticano il riconoscimento delle proprie responsabilita'.
WRITE TO LEONARD - SCRIVETE A LEONARD
(segue traduzione in Italiano)
Dear All,
After our non successfull attemp with Nelson Mandela, people very close to Leonard told us that he is very disheartened about this, but he still believes that justice will come, and he believes in all what we are doing for him.
This Great Man, that we probably will never met believes in all of us. For this reason, I would like all of you to send Leonard a letter, a postcard, a message...in this moment we have to be close to him much more, he has to know that this failure will not pull us down and that we are by his side to fight again for and with him!
Please; when you send letters to Leonard include a stamp in the enveloppe for his reply.
I want to thank everyone of you from the bottom of my heart for your help.
Please note that if you need some help with the translation of the letters we can help.
A big hug my friends!
This is Leonard's address:
LEONARD PELTIER
#89637-132
USP-LEWISBURG
US PENITENTIARY
P.O. BOX 1000
LEWISBURG, PENNSYLVANIA 17837
__________________________________________________________
Carissimo Amico,
dopo il nostro fallito tentativo con Nelson Mandela, abbiamo ricevuto notizie da persone molto vicine a Leonard che ci hanno riferito che è piuttosto scoraggiato dall’ennesimo buco nell’acqua ma che, continua a credere nella giustizia e in tutti noi…
In virtù di questa fiducia donataci da una persona che non conosciamo personalmente e che probabilmente non conosceremo mai, vi chiedo, di inviare a Leonard un vostro saluto, una semplice cartolina, una lettera, qualunque cosa voi vogliate per dimostrargli direttamente che siamo e combattiamo con lui e che come lui, non ci siamo lasciati scoraggiare dall’ennesimo flop!
Vi chiedo inoltre di inviargli anche il francobollo per la risposta, il motivo mi sembra evidente!
Vi ringrazio davvero tutti per la vostra collaborazione e vi ricordo che se vorrete aiuto per le traduzioni in inglese delle vostre lettere, noi siamo a vostra completa disposizione.
Un abbraccio, Morena!
questo è l'indirizzo di Leonard:
LEONARD PELTIER
#89637-132
USP-LEWISBURG
US PENITENTIARY
P.O. BOX 1000
LEWISBURG, PENNSYLVANIA 17837
giovedì 23 aprile 2009
IL CANADA CHIEDE SCUSA AGLI INDIANI
12 giugno 2008
Il Canada chiede scusa agli indiani
Per un secolo sono stati torturati e sterminati nei lager
Picchiati. Immersi in acqua bollente. Costretti a cibarsi di vivande andate a male o avvelenate. Appellati in tutti i modi possibili. Perchè erano inferiori ai bianchi. Molto meno di loro. Selvaggi. Da imbottire di botte fino alla morte. O di farmaci come topi da laboratorio. Sterilizzati o confinati in luoghi impestati dalla tubercolosi. Strangolati. Scaraventati fuori dalle finestre. Gettati giù dalle scale a furia di calci e spintoni. Eccola, la sorte dei nativi americani cresciuti in terra canadese. Schiavi o cadaveri, a loro la scelta. A leggere i resoconti di questo sterminio viene più che la pelle d'oca. Cresce la rabbia, e lo sdegno. Uccidere l'indiano che è dentro gli indiani. Era questo il senso dello sterminio. E queste erano le parole precise di Duncan Campbell Scott. Non un carnefice, ma un addetto ai lavori. Il sovrintendente agli affari Indiani di Ottawa, per la precisione. Ma quello era un Canada che oggi non c'è più. Parola di Stephen Harper, primo ministro. Uno che si è candidato con successo alla giuda di un paese immenso e multiforme. Uno che oggi fa i conti col passato della sua terra. E che passato. Pagine buie per un capitolo di puro orrore. Il genocidio canadese del quale nessuno ha mai sentito parlare.
Chiede scusa Harper. Lo fa ritto in piedi, la voce rotta dall'emozione. Nella sala del Parlamento della capitale, "una camera così importante per la nostra vita di nazione". Di fronte a 11 tra i capi degli aborigeni locali. E sotto lo sguardo di 200 poveri diavoli, ex studenti di istituti dell'infamia gestiti dallo Stato per la maggior gloria della patria canadese di un tempo. Perchè per un secolo qui ha regnato una follia silente. La stessa che ha braccato, arrestato e rinchiuso 150mila bambini di etnia First Nation, Inuit e Metis in fantomatiche scuole rette dal governo o dalla chiesa. 132 campi di sterminio eretti e collaudati per annichilire i popoli. Un'unica politica di assimilazione forzata portata avanti mediante lo sradicamento del diverso. Un secolo intero di abusi, compiuti in fretta e altrettanto in fretta occultati alla vista del mondo. Ma oggi sorge un'alba nuova per il Canada. Sarà un giorno dorato, forse. Perchè oggi Ottawa chiede scusa.
"Questo tipo di misure è assolutamente errato, ha causato danni enormi e non ha ragione d'essere nel nostro paese" ha detto Harper. "Per conto del governo del Canada e di tutti i canadesi, io chiedo perdono alle popolazioni indigene del ruolo giocato dall'amministrazione nel sistema delle Scuole Residenziali" ha continuato. Sopprimere l'indiano colpendo là dove l'identità è più debole. Addosso ai bambini. Sradicare dalle loro menti innocenti e dai loro giovani corpi ogni "indianità". Il mezzo non contava affatto. Il fine invece sì. Sofferenze fisiche, disagio psicologico, abusi sessuali. Suicidio e dipendenza da droghe o alcol. Andava bene tutto. Bastava per far sparire quella macchia immonda dall'immagine linda del Paese. Culture e costumi e linguaggi, tutto da buttar via. Famiglie e comunità e sentimenti, orpelli di cui disfarsi una volta per tutte. Così il Canada di allora si era preparato al genocidio culturale. Addosso ai parti scomodi della patria. Addosso ai figli di un dio minore.
Ascoltando il discorso di Harper sembra di assistere al passaggio di un vento nuovo. Lo stesso che ha ispirato non molto tempo fa Mr. Kevin Rudd, l'uomo della riconciliazione australiana con gli aborigeni. Sembra proprio che il mondo si stia lentamente destando dal torpore ignorante della segregazione. E il Canada va anche oltre le scuse formali. 2 miliardi di dollari sono stati stanziati nei confronti degli indiani. Di 80mila vittime della politica di assimilazione. Di decine di migliaia di ex internati nei gironi delle Scuole Residenziali. Un'inferno che ha smesso definitivamente di esistere solo nel 1996, quando sono stati apposti i sigilli all'ultimo istituto, nella provincia di Saskatchewan. Di scuole e rieducazione ne sa davvero parecchio, Phil Fontaine. Prima di avviarsi all'aula del Parlamento di Ottawa ha voluto camminare a lungo accanto allo scheletro annerito dal tempo dinuno di quegli edifici, la Fort Alexander di Manitoba. Passo dopo passo, si è trovato a ricordare, i pugni stretti e le lacrime agli occhi.
Oggi Fontaine è un capo, e presiede l'Assemblea dell'etnia First Nation. Ma non è sempre stato così. Il grande capo è stato un piccolo uomo. C'è stato un tempo oscuro nella sua vita di bambino nella riserva Sagkeeng, ad appena 4 chilometri da quelle rovine orride. E' stato allora che ha conosciuto la rieducazione di Stato. L'ha vissuta annaspando negli angoli sudici del dormitorio da cento e più posti. L'ha ascoltata nei lamenti notturni dei suoi compagni di sventura. E oggi, una vita dopo e ad anni di distanza, non vede proprio l'ora di dire basta. Esattamente come un milione e mezzo di indiani. Come Harper. E come i 33 milioni di canadesi che assistono alla riconciliazione nelle piazze del Paese, radunati esterrefatti di fronte ai maxi-schermi approntati per l'occasione. Sono due mesi che il Canada attende quest'ora fatale. Da quando è stata istituita una commissione speciale, con il preciso compito di indagare sul secolo oscuro.
Da quando a capo di essa è stato posto per acclamazione Harry LaForme, uno che ce l'ha fatta. L'unico indiano nominato giudice di Corte d'Appello. La commissione è stata creata grazie ad uno stanziamento record da 4.9 milioni di dollari, ma c'è che giura che si tratti di soldi spesi bene. Ne sono convinti i rappresentanti indigeni. Ma sembrano dello stesso avviso il governo e perfino le confessioni religiose, che secondo indiscrezioni rischiano parecchio. Civilizzare gli aborigeni era infatti una missione che si coniugava non di rado con la cristianizzazione. In un tempo remoto gli aguzzini del popolo indigeno vestivano anche la tonaca. E muovevano una guerra spietata agli indigeni non cristiani, inferiori legalmente e moralmente. Per loro era prevista l'estinzione culturale. O quella fisica. Le chiese giunsero a fornire bambini a chi ne facesse richiesta per esperimenti medici, governo compreso. La cavie venivano sottratte agli istituti con l'avallo e la collaborazione fattiva della Royal Canadian Mounted Police.
Manicomi venivano riempiti con giovani orfani ignari. Sacrificabili, si diceva di loro. Merci di scambio in un traffico assai florido, se si considera che settori come quello militare o di intelligence si dimostravano particolarmente generosi quanto a sovvenzioni. Kevin Annett oggi ha 64 anni. E' un reverendo. E un attivista nella ricerca di prove del genocidio canadese. Gira per il paese in cerca di testimonianze. Fa interviste. Raccoglie documenti. Prende nota. Ma continua a rabbrividire e tremare ogni volta che ascolta le voci dell'orrore. Ogni volta che è costretto a sentire di fili e lenze da pesca stretti attorno agli organi genitali dei bambini. O di aghi inseriti nelle loro mani, guance, lingue, orecchie. Di immersioni repentine in acqua ghiacciata o capelli strappati a forza dalle teste. Suda e digrigna i denti al pensiero di bambini colpiti senza preavviso con fruste, bastoni, finimenti da cavallo, stecche da biliardo, tubi di ferro. Estrazioni di denti senza analgesici o scosse elettriche regolari.
Lo spettro dell'infame Josef Mengele si compiacerebbe al cospetto di Ewen Cameron, lo psichiatra canadese della morte. Stessi feroci metodi, medesimo sadismo visionario. La stessa morbosità. Eppure padre Annett continua a scavare. Non ha più paura. Perchè lui sa. Sa che quella barbarie senza nome emersa in tutta la sua cruda durezza a Nanaimo e Kuper Island, in Ontario e nella British Columbia ha una fine. Sa che ogni giorno è un giorno buono per fare più luce. E che da oggi sono in molti In Canada a essere stanchi di quella tenebra orribile.
S.P.
Il Canada chiede scusa agli indiani
Per un secolo sono stati torturati e sterminati nei lager
Picchiati. Immersi in acqua bollente. Costretti a cibarsi di vivande andate a male o avvelenate. Appellati in tutti i modi possibili. Perchè erano inferiori ai bianchi. Molto meno di loro. Selvaggi. Da imbottire di botte fino alla morte. O di farmaci come topi da laboratorio. Sterilizzati o confinati in luoghi impestati dalla tubercolosi. Strangolati. Scaraventati fuori dalle finestre. Gettati giù dalle scale a furia di calci e spintoni. Eccola, la sorte dei nativi americani cresciuti in terra canadese. Schiavi o cadaveri, a loro la scelta. A leggere i resoconti di questo sterminio viene più che la pelle d'oca. Cresce la rabbia, e lo sdegno. Uccidere l'indiano che è dentro gli indiani. Era questo il senso dello sterminio. E queste erano le parole precise di Duncan Campbell Scott. Non un carnefice, ma un addetto ai lavori. Il sovrintendente agli affari Indiani di Ottawa, per la precisione. Ma quello era un Canada che oggi non c'è più. Parola di Stephen Harper, primo ministro. Uno che si è candidato con successo alla giuda di un paese immenso e multiforme. Uno che oggi fa i conti col passato della sua terra. E che passato. Pagine buie per un capitolo di puro orrore. Il genocidio canadese del quale nessuno ha mai sentito parlare.
Chiede scusa Harper. Lo fa ritto in piedi, la voce rotta dall'emozione. Nella sala del Parlamento della capitale, "una camera così importante per la nostra vita di nazione". Di fronte a 11 tra i capi degli aborigeni locali. E sotto lo sguardo di 200 poveri diavoli, ex studenti di istituti dell'infamia gestiti dallo Stato per la maggior gloria della patria canadese di un tempo. Perchè per un secolo qui ha regnato una follia silente. La stessa che ha braccato, arrestato e rinchiuso 150mila bambini di etnia First Nation, Inuit e Metis in fantomatiche scuole rette dal governo o dalla chiesa. 132 campi di sterminio eretti e collaudati per annichilire i popoli. Un'unica politica di assimilazione forzata portata avanti mediante lo sradicamento del diverso. Un secolo intero di abusi, compiuti in fretta e altrettanto in fretta occultati alla vista del mondo. Ma oggi sorge un'alba nuova per il Canada. Sarà un giorno dorato, forse. Perchè oggi Ottawa chiede scusa.
"Questo tipo di misure è assolutamente errato, ha causato danni enormi e non ha ragione d'essere nel nostro paese" ha detto Harper. "Per conto del governo del Canada e di tutti i canadesi, io chiedo perdono alle popolazioni indigene del ruolo giocato dall'amministrazione nel sistema delle Scuole Residenziali" ha continuato. Sopprimere l'indiano colpendo là dove l'identità è più debole. Addosso ai bambini. Sradicare dalle loro menti innocenti e dai loro giovani corpi ogni "indianità". Il mezzo non contava affatto. Il fine invece sì. Sofferenze fisiche, disagio psicologico, abusi sessuali. Suicidio e dipendenza da droghe o alcol. Andava bene tutto. Bastava per far sparire quella macchia immonda dall'immagine linda del Paese. Culture e costumi e linguaggi, tutto da buttar via. Famiglie e comunità e sentimenti, orpelli di cui disfarsi una volta per tutte. Così il Canada di allora si era preparato al genocidio culturale. Addosso ai parti scomodi della patria. Addosso ai figli di un dio minore.
Ascoltando il discorso di Harper sembra di assistere al passaggio di un vento nuovo. Lo stesso che ha ispirato non molto tempo fa Mr. Kevin Rudd, l'uomo della riconciliazione australiana con gli aborigeni. Sembra proprio che il mondo si stia lentamente destando dal torpore ignorante della segregazione. E il Canada va anche oltre le scuse formali. 2 miliardi di dollari sono stati stanziati nei confronti degli indiani. Di 80mila vittime della politica di assimilazione. Di decine di migliaia di ex internati nei gironi delle Scuole Residenziali. Un'inferno che ha smesso definitivamente di esistere solo nel 1996, quando sono stati apposti i sigilli all'ultimo istituto, nella provincia di Saskatchewan. Di scuole e rieducazione ne sa davvero parecchio, Phil Fontaine. Prima di avviarsi all'aula del Parlamento di Ottawa ha voluto camminare a lungo accanto allo scheletro annerito dal tempo dinuno di quegli edifici, la Fort Alexander di Manitoba. Passo dopo passo, si è trovato a ricordare, i pugni stretti e le lacrime agli occhi.
Oggi Fontaine è un capo, e presiede l'Assemblea dell'etnia First Nation. Ma non è sempre stato così. Il grande capo è stato un piccolo uomo. C'è stato un tempo oscuro nella sua vita di bambino nella riserva Sagkeeng, ad appena 4 chilometri da quelle rovine orride. E' stato allora che ha conosciuto la rieducazione di Stato. L'ha vissuta annaspando negli angoli sudici del dormitorio da cento e più posti. L'ha ascoltata nei lamenti notturni dei suoi compagni di sventura. E oggi, una vita dopo e ad anni di distanza, non vede proprio l'ora di dire basta. Esattamente come un milione e mezzo di indiani. Come Harper. E come i 33 milioni di canadesi che assistono alla riconciliazione nelle piazze del Paese, radunati esterrefatti di fronte ai maxi-schermi approntati per l'occasione. Sono due mesi che il Canada attende quest'ora fatale. Da quando è stata istituita una commissione speciale, con il preciso compito di indagare sul secolo oscuro.
Da quando a capo di essa è stato posto per acclamazione Harry LaForme, uno che ce l'ha fatta. L'unico indiano nominato giudice di Corte d'Appello. La commissione è stata creata grazie ad uno stanziamento record da 4.9 milioni di dollari, ma c'è che giura che si tratti di soldi spesi bene. Ne sono convinti i rappresentanti indigeni. Ma sembrano dello stesso avviso il governo e perfino le confessioni religiose, che secondo indiscrezioni rischiano parecchio. Civilizzare gli aborigeni era infatti una missione che si coniugava non di rado con la cristianizzazione. In un tempo remoto gli aguzzini del popolo indigeno vestivano anche la tonaca. E muovevano una guerra spietata agli indigeni non cristiani, inferiori legalmente e moralmente. Per loro era prevista l'estinzione culturale. O quella fisica. Le chiese giunsero a fornire bambini a chi ne facesse richiesta per esperimenti medici, governo compreso. La cavie venivano sottratte agli istituti con l'avallo e la collaborazione fattiva della Royal Canadian Mounted Police.
Manicomi venivano riempiti con giovani orfani ignari. Sacrificabili, si diceva di loro. Merci di scambio in un traffico assai florido, se si considera che settori come quello militare o di intelligence si dimostravano particolarmente generosi quanto a sovvenzioni. Kevin Annett oggi ha 64 anni. E' un reverendo. E un attivista nella ricerca di prove del genocidio canadese. Gira per il paese in cerca di testimonianze. Fa interviste. Raccoglie documenti. Prende nota. Ma continua a rabbrividire e tremare ogni volta che ascolta le voci dell'orrore. Ogni volta che è costretto a sentire di fili e lenze da pesca stretti attorno agli organi genitali dei bambini. O di aghi inseriti nelle loro mani, guance, lingue, orecchie. Di immersioni repentine in acqua ghiacciata o capelli strappati a forza dalle teste. Suda e digrigna i denti al pensiero di bambini colpiti senza preavviso con fruste, bastoni, finimenti da cavallo, stecche da biliardo, tubi di ferro. Estrazioni di denti senza analgesici o scosse elettriche regolari.
Lo spettro dell'infame Josef Mengele si compiacerebbe al cospetto di Ewen Cameron, lo psichiatra canadese della morte. Stessi feroci metodi, medesimo sadismo visionario. La stessa morbosità. Eppure padre Annett continua a scavare. Non ha più paura. Perchè lui sa. Sa che quella barbarie senza nome emersa in tutta la sua cruda durezza a Nanaimo e Kuper Island, in Ontario e nella British Columbia ha una fine. Sa che ogni giorno è un giorno buono per fare più luce. E che da oggi sono in molti In Canada a essere stanchi di quella tenebra orribile.
S.P.
L'UOMO "BIANCO" DOVREBBE CHIEDERE SCUSA AI NATIVI AMERICANI"
(grazie a Lupa Solitaria)
Rapporto pubblicato da The Truth Commission into Genocide in Canada
PREFAZIONE:
Jasper Jospeh è un nativo sessantaquattrenne di Port Hardy, British Columbia. Gli occhi gli si riempirono ancora di lacrime quando ricorda i suoi cugini, uccisi nel 1944 con iniezioni letali dal personale del Nanaimo Indian Hospital.
Avevo soltanto otto anni, e ci avevano mandato dalla scuola residenziale anglicana di Alert Bay al Nanaimo Indian Hospital, quello gestito dalla Chiesa Unitaria. Li mi hanno tenuto in isolamento in una piccola stanza per più di tre anni, come se fossi un topo da laboratorio, somministrandomi pillole e facendomi iniezioni che mi facevano star male.
Due miei cugini fecero un gran chiasso, urlando e ribellandosi ogni volta. Così le infermiere fecero loro delle iniezioni, ed entrambi morirono subito. Lo fecero per farli stare zitti. (10 novembre 2000)
A differenza del popolo tedesco dopo la seconda guerra mondiale, noi canadesi dobbiamo ancora venire a conoscenza, per non parlare di fare ammenda, del genocidio che abbiamo perpetrato nei confronti di milioni di individui conquistati: uomini, donne e bambini indigeni deliberatamente sterminati dal nostro stato e dalla nostra chiesa, convinti della loro supremazia razziale.
Già dal novembre del 1907 la stampa canadese attestava che il tasso dei decessi all’interno delle scuole residenziali indiane superava il 50%(vedere Appendice, articoli giornalistici chiave).Tuttavia negli ultimi decenni la realtà di un tale massacro è stata rimossa dalla storia e dalla coscienza pubblica del Canada. Non c’è da stupirsene, perchè quella storia occultata rivela un sistema il cui scopo era quello di distruggere la maggior parte della popolazione nativa tramite malattie, trasferimenti e omicidi belli e buoni, “assimilando” nel contempo una minoranza di collaborazionisti che venivano addestrati a servire quel sistema genocidi.
Questa storia di genocidio deliberato coinvolge ogni livello governativo del Canada, la Royal Canadian Mounted Police (RCMP), ogni chiesa principale, grandi corporazioni e polizia, medici e giudici locali. La rete di complicità di questa macchina assassina era, e rimane così estesa che il suo occultamento ha richiesto un altrettanto elaborata compagna di copertura, organizzata nelle più alte sfere di potere del nostro paese; una copertura che continua tuttora, in particolare adesso che i testimoni oculari degli omicidi e delle atrocità, perpetrati presso le “scuole” residenziali per nativi gestite dalla chiesa, si sono fatti avanti per la prima volta.
Perché erano le “scuole” residenziali a costituire i campi di sterminio dell’olocausto canadese e all’interno delle cui mura, secondo statistiche governative, circa la metà dei bambini lì spediti per legge morirono o scomparvero.
Secondo un sopravvissuto queste 50.000 vittime svanirono, così come i loro cadaveri – “come se non fossero mai esistiti”.
Ma esistevano eccome.
Erano bambini innocenti, uccisi da percosse e torture e dopo essere stati deliberatamente esposti a tubercolosi e ad altre malattie da dipendenti salariati delle chiese e del governo, in base ad un progetto generale di “Soluzione Finale” concepito dal Dipartimento Affari Indiani e dalle chiese cattolica e protestante.
Con tale approvazione ufficiale del massacro, emanata da Ottawa, le chiese responsabili dell’annientamento dei nativi in loco si sentirono incoraggiate e protette a sufficienza da dichiarare per tutto il 20mo secolo una guerra totale alle popolazioni indigene non cristiane.
Le vittime di tale guerra non furono soltanto i 50.000 bambini morti delle scuole residenziali, ma anche i sopravvissuti, la cui attuale condizione sociale è stata descritta dai gruppi per i diritti umani delle Nazioni Unite come quella di “una popolazione colonizzata al limite della sopravvivenza, con tutte le caratteristiche di una società dal terzo mondo”. (12 novembre 1999)
L’olocausto continua. Il presente rapporto è frutto di un’indagine indipendente, durata sei anni, sulla storia nascosta del genocidio perpetrato ai danni delle popolazioni indigene del Canada; riassume le testimonianze, i documenti ed altri riscontri a riprova che il governo, le chiese e le corporazioni canadesi sono colpevoli di genocidio intenzionale, che il Canada ratificò nel 1952 e alla quale è vincolata dal diritto internazionale.
Tale rapporto deriva dall’impegno e dalla collaborazione di circa 30 individui e tuttavia alcuni dei suoi autori devono restare nell’anonimato, in particolare i collaboratori indigeni i quali, a causa del loro coinvolgimento in questa indagine, sono stati minacciati di morte, attaccati, privati del lavoro e sradicati dalle loro abitazioni nelle riserve indiane.
A causa dei miei tentativi di svelare la vicenda delle morti dei bambini presso la scuola residenziale della chiesa di Alberni io, in qualità di ministro di una delle istituzioni citate nell’indagine, la Chiesa Unitaria del Canada – sono stato licenziato, inserito nella lista nera, minacciato e diffamato pubblicamente dai suoi funzionari.
Molti hanno fatto dei sacrifici per stilare questo rapporto, in modo che il mondo possa venire a conoscenza dell’olocausto canadese e per assicurarsi che i responsabili vengano giudicati dal Tribunale per i Crimini Internazionali. La presente indagine su crimini contro l’umanità, iniziata nell’autunno del 1994 fra i nativi e gli attivisti a basso reddito a Port Alberni, nella British Columbia, è continuata nonostante le minacce di morte, gli attacchi e le risorse della chiesa e dello stato canadesi.
Il lettore ha facoltà di onorare il nostro sacrificio raccontando al altri questa storia e rifiutandosi di collaborare con istituzioni che hanno deliberatamente ucciso migliaia di bambini.
Questa storia di appoggio ufficiale e di collusioni, relativa ad un secolo o più di crimini contro i primi abitanti del Canada, non deve dissuaderci dallo scoprire la verità e dal portare davanti alla giustizia coloro che hanno commesso tali crimini.
E’ per questo motivo che vi invitiamo a ricordare non solo i 50.000 bambini deceduti nei campi di sterminio delle scuole residenziali, ma anche tutte quelle vittime silenziose che oggi patiscono in mezzo a noi in cerca di pane e giustizia.
(Rev.) Kevin D. Annett, segretario The Truth Commission into Genocide in Canada, Vancouver, British Columbia, 1 febbraio 2001
PARTE 1:
(Riassunto delle prove di Genocidio intenzionale nelle scuole residenziali canadesi)
Articolo II: L’intenzione di distruggere, integralmente o parzialmente, un gruppo nazionale etnico, razziale o religioso; vale a dire le popolazioni indigene non-cristiane del Canada.
Lo scopo fondante a monte delle oltre cento scuole residenziali indiane, edificate in Canada in base a leggi governative ed amministrate dalle chiese cattolica e protestante, era il deliberato e costante sradicamento delle popolazioni indigene e della loro cultura, nonché la conversione forzata al cristianesimo di tutti i nativi sopravvissuti.
L’intento fu enunciato nel Gradual Civilization Act del 1857 nel Canada superiore e, precedentemente, la legislazione ispirata dalla chiesa che definiva la cultura indigena inferiore, privò la popolazione nativa della cittadinanza e la subordinò in una categoria legale separata dai non-indiani.
Questa legge servì come base per il Federal Indian Act del 1874, che ribadì l’inferiorità legale e morale degli indigeni ed istituì il sistema delle scuole residenziali. La definizione legale di un indiano in quanto “individuo selvaggio, privo della conoscenza di Dio e di qualsiasi stabile e chiaro credo religioso” (Revised Statutes della British Columbia, 1960) fu coniata da queste leggi e persiste fino ai giorni nostri.
Allora come adesso, gli indigeni erano considerati legalmente e concretamente come non-entità nella loro terrae, di conseguenza, intrinsecamente sacrificabili.
Queste intenzioni genocide furono riaffermate di frequente nella legislazione governativa, nelle dichiarazioni della chiesa nonché nella corrispondenza e nei documenti dei missionari, agenti indiani e funzionari delle scuole residenziali. Naturalmente si trattava esattamente della ragione d’essere dell’invasione cristiana nei territori tradizionali dei nativi, sanzionata dallo stato e dal sistema delle scuole residenziali, che venne istituito all’apice dell’espansionismo europeo negli anni ‘80 dell’ottocento e proseguito fino al 1984.
Lo scopo era per definizione il genocidio, in quanto pianificò e portò avanti la distruzione di un gruppo etnico e religioso: tutti quegli indigeni che non si fossero convertiti al cristianesimo ed estinti culturalmente.
I nativi non cristiani erano il bersaglio dichiarato delle scuole residenziali che, sotto la maschera dell’istruzione, praticavano una pulizia etnica di massa.
Inoltre questi “pagani” erano oggetto dei programmi di sterilizzazione finanziati dal governo, eseguiti in ospedali gestiti dalla chiesa e sanatori per la tubercolosi della costa occidentale .
Secondo un testimone oculare, Ethel Wilson di Bella Bella, BC, un certo George Darby, medico missionario della Chiesa Unitaria, fra il 1928 ed il 1962 sterilizzò intenzionalmente indiani non-cristiani presso l’R.W. Large Memorial Hospital. Nel 1998 la signora Wilson, ora deceduta, dichiarò:
Nel 1952 il dottor Darby mi riferì che l’Ufficio Affari Indiani di Ottawa lo pagava per ogni indiano/a che sterilizzava, in particolare se costoro non frequentavano le chiese. Centinaia delle nostre donne furono sterilizzate dal dottor Darby solatanto perché non andavano in chiesa.
(Testimonianza di Ethel Wilson di fronte al Tribunale dell’Associazione Internazionale per i Diritti Umani delle Minoranze Americane [IHRAAM], Vancouver, BC, 13 giugno 1998).
Secondo Christy White, cittadina di Bella Bella, la documentazione realtiva a queste sterilizzazioni, finanziate dal governo ed eseguite presso l’R.W. Large Memorial Hospital, venne intenzionalmente distrutta nel 1995, subito dopo il pubblicizzato avvio di un indagine della polizia relativa alle atrocità commesse nelle scuole residenziali della British Columbia. Nel 1998 la signora White affermò:
Ho lavorato presso l’ospedale di Bella Bella e so che Barb Brown, uno degli amministratori, in due occasioni gettò in mare i documenti realtivi alle sterilizzazioni, alcuni dei quali furono ritrovati sulla spiaggia a sud della città. Questo avvenne nella primavera del 1995, subito dopo che i poliziotti avevano avviato la loro indagine sulle scuole. Stavano coprendo le tracce. Tutti sapevamo che Ottawa finanziava le sterilizzazioni, ma ci fu detto di tacere sulla questione.
(Testimonianza di Christy White resa a Kevin Annett, 12 agosto 1998)
Nella British Columbia la legge che consentiva la sterilizzazione di qualsiasi ospite delle scuole residenziali fu approvata nel 1933 mentre in Alberta nel 1928 (vedere “Sterilization Victims Urged to Come Forward” di Sabrina Whyatt, Windspeaker, agosto 1998). Il Sexual Sterilization Act della British Columbia autorizzava il preside di una scuola a consentire la sterilizzazione di qualsiasi nativo si trovasse sotto la sua responsabilità ed egli, in quanto tutore legale, poteva far sterilizzare qualsiasi bambino nativo. Tali sterilizzazioni venivano di frequente attuate nei confronti di interi gruppi di bambini indigeni quando questi avevano raggiunto la pubertà, in istituti quali la Provincial Training School di Red Deer, in Alberta, ed il Ponoka Mental Hospital (dal colloquio della ex infermiera Pat Taylor con Kevin Annett, 13 gennaio 2000).
Di analoga rilevanza storica è il fatto che il governo federale canadese approvò la legislazione nel 1920, rendendo obbligatorio che tutti i bambini indigeni della British Columbia – la cui costa occidentale era l’area meno cristianizzata del Canada – frequentassero le scuole residenziali, nonostante il fatto che lo stesso governo avesse già riconosciuto che il tasso di mortalità dovuto a malattie trasmissibili fosse più elevato proprio in queste scuole e che, durante la permanenza in quei luoghi, i bambini indigeni presentavano una “costituzione così indebolita da non avere alcuna vitalità atta a contrastare le malattie” (Comunicazione di A. W. Neill, agente indiano della costa occidentale, al ministro per gli affari indiani, 25 aprile 1910).
Vale a dire che il governo canadese rese obbligatoria alle popolazioni indigene maggiormente “pagane” e meno integrate la frequenza delle scuole residenziali proprio nel periodo in cui, secondo funzionari degli Affari Indiani come il Dr. Peter Bryce, il tasso di mortalità in quelle stesse scuole aveva raggiunto il proprio apice – attorno al 40%. Questo aspetto di per sé stesso indica le intenzioni genocidi nei confronti degli indigeni non-cristiani.
Articolo II (a): Uccisione di membri del gruppo da eliminare
Testimoni oculari, documenti governativi, dichiarazioni di agenti indiani e di anziani delle tribù confermano il fatto che nelle scuole residenziali gli indigeni venivano uccisi intenzionalmente, aspetto d’altronde fortemente indicato dalla semplice questione che il tasso di mortalità nelle scuole residenziali raggiunse il 40%, con il decesso in Canada di oltre 50.000 bambini indigeni (vedere bibliografia, compreso il rapporto del Dr. Peter Bryce dell’aprile del 1909, destinato a Duncan Campbell Scott, sovrintendente agli Affari Indiani).
Inoltre il fatto che tale tasso di mortalità rimase costante nel corso degli anni,nonché all0interno delle scuole e degli istituti quali che fossero le chiese confessionali che li gestivano – cattolica romana, unitaria, presbiteriana o anglicana – indica che a monte di questi decessi vi erano politiche e condizioni comuni, questo perché ogni secondo bambino morto nel sistema delle scuole residenziali elimina la possibilità che tali decessi fossero puramente accidentali oppure frutto di iniziative di pochi individui depravati che agivano da soli e senza protezione.
Tuttavia tale sistema non solo era intrinsecamente omicida, ma operava nell’ambito di condizioni legali e strutturali che incoraggiavano, favorivano e istigavano l’omicidio che erano organizzare per occultare questi crimini.
Le scuole residenziali erano strutturate come campi di concentramento, secondo uno schema gerarchico di tipo militare sotto il controllo totale di un preside nominato congiuntamente dallo stato e dalla chiesa e che, generalmente, era un ecclesiastico. Nei primi anni ’30 del ‘900 il governo federale conferì al preside persino diritti di tutela legale su tutti gli studenti, almeno nelle scuole residenziali della costa occidentale. Tenendo presente che le popolazioni indigene erano per legge sotto la tutela legale dello stato e che così era stato sin dall’entrata in vigore dell’Indian Act, tale iniziativa del governo fu assai insolita; tuttavia tale potere assoluto del direttore della scuola sulla vita degli studenti indigeni fu uno dei requisiti di qualsiasi sistema i cui assassini di indigeni dovevano essere mascherati ed in seguito negati.
Le scuole residenziali erano costruite con questo inganno, in modo tale che i decessi e le atrocità tipiche del genocidio potessero essere occultate ed infine spiegate. Nel contesto del Canada, questo significava una politica di graduale ma deliberato sterminio sotto un paravento protettivo legale, fornito da istituzioni “legittime e fidate”: le chiese principali.
Andrebbe chiarito fin dall’inizio che le decisioni relative alle scuole residenziali, comprese quelle che provocavano la morte dei bambini ed i relativi occultamenti, erano ufficialmente autorizzate ad ogni livello dalle chiese che le gestivano e dal governo che le istituiva; solo un’autorizzazione di questo tipo avrebbe permesso che i decessi continuassero così come è avvenuto – e che coloro che commisero tali crimini si sentissero sufficientemente protetti da agire impunemente per molti anni all’interno del sistema, così come fecero dappertutto.
Esposizione alle malattie
Nel 1909 il Dr. Peter Bryce, del Ministero della Sanità dell’Ontario, fu assunto dal Dipartimento Affari Indiani di Ottawa per visitare le scuole residenziali indiane del Canada occidentale e della British Columbia e fare rapporto sulle loro condizioni sanitarie. Il rapporto di Bryce scandalizzò a tal punto governo e chiesa che venne ufficialmente insabbiato, per tornare alla luce solo nel 1922 quando Bryce – che a causa della sincerità del suo rapporto fu estromesso dall’amministrazione statale – scrisse un libro al proposito, dal titolo The Story of a National Crime (Ottawa, 1922).
Nel rapporto in questione il Dr. Bryce affermava che nelle scuole residenziali i bambini indiani venivano sistematicamente e deliberatamente uccisi, citava un tasso medio di mortalità fra il 35% e il 60% e asseriva che il personale ed i funzionari della chiesa nascondevano, rifiutavano di consegnare o falsificavano regolarmente la documentazione ed altre prove relative alla morte dei bambini.
Il Dr. Bryce inoltre dichiarò che uno dei metodi principali utilizzati per uccidere bambini indigeni era quello di esporli intenzionalmente al contagio di malattie trasmissibili come la tubercolosi per poi negare loro qualsiasi assistenza o cura medica – una prassi effettivamente riportata da alcuni fra i massimi rappresentanti anglicani sul Globe and Mail del 29 maggio 1953.
Nel Marzo del 1998 William e Mabel Sport di Nanaimo, BC, due testimoni indigeni che frequentarono le scuole residenziali della costa occidentale, confermarono le affermazioni del Dr. Bryce: entrambi sostengono di essere stati intenzionalmente esposti, negli anni ’40, alla tubercolosi dal personale di due scuole residenziali, una cattolica e l’altra della Chiesa Unitaria.
Mi costringevano a dormire nello stesso letto con bambini che stavano morendo a causa della tubercolosi; ciò accadeva intorno al 1942 nella scuola residenziale cattolica cristiana. Cercavano di ucciderci e quasi ci riuscirono. Fecero altrettanto presso le scuole indiane protestanti, tre bambini per letto, quelli sani con quelli morenti.(Testimonianza di Mabel Sport resa ai funzionari della IHRAAM, Port Alberni, BC, 31 marzo 1998).
Il reverendo Pitts, preside della scuola di Alberni, costrinse me ed altri otto bambini a mangiare del cibo speciale da un tipo di scatoletta diverso dal solito.Aveva un gusto davvero strano. Inseguito ci ammalammo tutti di tubercolosi.
Io fui l’unico a sopravvivere, perché mio padre una notte irruppe nella scuola e mi portò via di lì. Tutti gli altri morirono di tubercolosi e non vennero mai curati, bensì lasciati lì a morire, e a tutte le loro famiglie venne detto che erano morti di polmonite.
Il piano era quello di ucciderci tutti in segreto.
Dopo aver mangiato quel cibo, iniziammo tutti a morire. Nel gruppo di coloro che furono avvelenati, vi erano due dei miei migliori amici. Non ci fu mai permesso di parlarne né di recarci nel seminterrato, dove venivano commessi altri omicidi; essere mandati alla scuola di Alberni corrispondeva ad una condanna a morte. (Testimonianza di William Sport resa ai funzionari della IHRAAM, Port Alberni, BC, 31 marzo 1998)
Omicidi
Secondo i testimoni oculari, nelle scuole residenziali erano prassi comune omicidi anche più palesi. Tali testimoni hanno descritto bambini che venivano picchiati e lasciati morire di fame, scaraventati fuori dalle finestre, strangolati e buttati giù per le scale a spintoni o a calci sino a morirne. Questi omicidi avvenivano in almeno otto scuole residenziali, gestite dalle tre principali chiese confessionali, nella sola British Columbia.
Il sottotenente Bill Steward di Nanaimo, BC, afferma:
Mia sorella Maggie fu scaraventata da una suora dalla finestra al terzo piano della scuola di Kuper Island, e morì. Tutto venne insabbiato, né venne svolta alcuna indagine. All’epoca, essendo indiani, non potevamo assumereuna avvocato e così non venne mai fatto alcunché. (Testimonianza di Bill Steward, Duncan, BC, 13 agosto 1998)
Diane Harris, assistente sanitaria del Consiglio della Tribù Chemainus della Vancouver Island, conferma i resoconti degli omicidi.
Sentiamo in continuazione racconti sui bambini che furono uccisi a Kuper Island. Appena a sud della scuola vi era un cimitero, destinati ai bambini nati dai rapporti fra i preti e le ragazze, sino a quando nel 1973, alla chiusura della scuola, non fu portato alla luce.
Le suore facevano abortire le ragazze madri ed a volte finivano con l’ucciderle.
Vi erano molte sparizioni. Mia madre che ora ha 83 anni, vide un prete trascinare una ragazza giù per le scale tirandola per i capelli e, di conseguenza, ella perì. Le ragazze venivano stuprate ed uccise, e poi sepolte sotto i tavolati dei pavimenti. Chiedemmo ai funzionari della RCMP locale di esumare quel luogo in cerca di resti ma loro si sono sempre rifiutati di farlo, anche in anni recenti come il 1996; il caporale Sampson ci ha persino minacciati. Questo genere di insabbiamento è la regola. I bambini sani venivano messi in infermeria assieme a quelli malati di tubercolosi, era la procedura standard; nell’arco di sette anni abbiamo documentato 35 omicidi palesi. (Testimonianza di Diane Harris resa di fronte al tribunale della IHRAAM, 13 giugno 1998)
Esistono riscontri a indicare che l’attiva collusione fra polizia, funzionari dell’ospedale, medici legali, agenti indiani e perfino capi indigeni ha contribuito ad occultare tali omicidi. Gli ospedali locali, in particolare i sanatori per la tubercolosi collegati alla chiesa unitaria e a quella cattolica romana, hanno svolto la funzione di “discariche” per i cadaveri dei bambini ed hanno regolarmente fornito certificati di morte falsi per gli studenti uccisi.
Nel caso della scuola residenziale della Chiesa Unitaria di Alberni, gli studenti che scoprivano i cadaveri di altri bambini subivano gravi punizioni. Uno di questi testimoni, Harry Wilson di Bella Bella, BC, afferma di essere stato espulso dalla scuola, quindi ricoverato in ospedale e drogato contro la sua volontà dopo aver scoperto il corpo di una ragazza deceduta nel maggio del 1967.
Cosa triste, il sistema a doppio livello di collaborazionisti e vittime creato nelle scuole fra gli studenti nativi continua a tutt’oggi, poiché alcuni dei rappresentanti del consiglio della tribù finanziati dallo stato – essi stessi ex collaborazionisti – sembrano avere un particolare interesse nel contribuire a sopprimere le prove e a mettere a tacere testimoni che incriminerebbero non solo gli assassini ma anche loro stessi, in quanto agenti dell’amministrazione bianca.
La maggior parte dei testimoni che hanno raccontato la loro storia agli autori e di fronte ai tribunali pubblici della costa occidentale hanno descritto o di aver visto casi di omicidio o di aver scoperto un cadavere presso la scuola residenziale che frequentavano. Il numero delle vittime, anche secondo le cifre fornite dal governo, fu enormemente elevato; ma allora dove sono tutti i cadaveri? I decessi di migliaia di studenti non sono riportati in nessuno dei registri delle scuole, degli archivi degli Affari Indiani né su altra documentazione finora presentata in tribunale o su pubblicazioni di ricerca relative alle scuole residenziali. Circa 50.000 cadaveri sono letteralmente ed ufficialmente andati perduti.
Il sistema delle scuole residenziali ha dovuto occultare non solo le prove degli omicidi ma anche i cadaveri. La presenza di fosse comuni segrete per i bambini uccisi presso le suole cattoliche e protestanti di Sardis, Port Alberni, Kuper Island ed Alert Bay è stata attestata da numerosi testimoni, secondo i quali queste aree segrete di sepoltura contenevano anche i feri abortiti e persino i bimbi molto piccoli frutto dei rapporti fra preti e ragazze del personale delle scuole.
Una delle testimoni, Ethel Wilson di Bella Bella, afferma di aver visto “file e file di piccoli scheletri” nelle fondamenta della ex scuola residenziale anglicana di St Michael’s ad Alert Bay quando al suo posto, negli anni ’60, venne edificata una nuova scuola.
Vi erano svariate file di scheletri, tutti allineati ordinatamente, come se fosse un gran cimitero. Gli scheletri erano stati ritrovati all’interno di una delle vecchie mura della scuola di St Mike. A giudicare dalle dimensioni, nessuno di essi poteva essere molto vecchio. Ora, per quale motivo così tanti bambini sono stati sepolti in quel modo all’interno di un muro, a meno che qualcuno non stesse cercando di nascondere qualcosa? (Testimonianza di Ethel Wilson resa a Kevin Annett, Vancouver, BC, 8 agosto 1998)
Arnold Sylvester, il quale, come Tennis Charlie, fra il 1939 ed il 1945 frequentò la scuola di Kuper Island, conferma questo resoconto.
I preti scavarono in quel cimitero in tutta fretta nel 1972, quando la scuola chiuse. Nessuno era autorizzato a guardarli riesumare quei resti. Penso che ciò fosse dovuto al fatto che si trattava di un cimitero particolarmente segreto, dove venivano sepolti i cadaveri delle ragazze incinte. Alcune delle ragazze ingravidate dai preti furono effettivamente uccise perché minacciavano di spifferare tutto; a volte venivano spedite via e a volte scomparivano. Non ci era consentito parlare di questo argomento. (Testimonianza di Arnold Sylvester resa a Kevin Annett, Duncan, BC, 13 agosto 1998)
Anche gli ospedali locali venivano utilizzati come discariche per i cadaveri dei bambini, come nel caso del ragazzo di Edmonds e del suo “trattamento” presso il St Paul’s Hospital, seguito al suo omicidio avvenuto presso la scuola cattolica di North Vancouver. Alcuni ospedali, comunque, sembrano essere stati luoghi particolarmente prediletti per l’accumulo dei cadaveri.
Il Nanaimo Tubercolosis Hospital (chiamato The Indian Hospital) era uno di questi. Secondo alcune donne che hanno subito questo genere di torture presso tale ospedale (vedere Articolo IId), sotto la guisa di cure per la tubercolosi generazioni di bambini e adulti indigeni furono oggetto di esperimenti medici e di sterilizzazione; lo stabile tuttavia era anche una sorta di magazzino-obitorio per i cadaveri dei nativi.
Secondo testimoni come Amy Tallio, che frequentò la scuola di Alberni nei primi anni ’50, il West Coast General Hospital di Port Alberni non solo accoglieva i corpi dei bambini provenienti dalla locale scuola residenziale della Chiesa Unitaria; era anche il luogo dove venivano eseguiti gli aborti sulle ragazze indigene ingravidate dai preti e dal personale e dove si sbarazzavano dei neonati che, forse, venivano uccisi.
Irene Starr, della nazione Hesquait, la quale frequentò la scuola di Alberni fra il 1952 e il 1961, conferma tutto questo.
Alla scuola di Alberni molte ragazze rimanevano incinte. I padri dei bambini, quelli che le violentavano, erano i membri del personale, gli insegnanti. Non abbiamo mai saputo cosa accadeva ai neonati, ma essi scomparivano regolarmente. Le ragazze gravide venivano portate all’ospedale di Alberni e quindi ritornavano, senza i loro bambini. Sempre. Il personale uccideva quei bambini per eliminare le loro tracce; venivano pagati dalla chiesa e dallo stato per fare gli stupratori e gli assassini. (Testimonianza di Irene Starr resa a Kevin Annett, Vancouver, BC, 23 agosto 1998)
Articolo II (b): Provocare gravi danni fisici o mentali
Agli esordi dell’era delle scuole residenziali Duncan Campbell Scott, sovrintendente agli Affari Indiani, delineò così le finalità delle suddette scuole: “Uccidere l’indiano che è dentro gli indiani”.
Chiaramente l’attacco genocida contro gli indigeni non era soltanto fisico. Ma anche spirituale. La cultura europea ambiva a possedere le menti e le anime delle nazioni native, per trasformare gli indigeni che non era riuscita a sterminare in copie di terza classe dei bianchi. Alfred Caldwell, direttore della scuola della Chiesa Unitaria di Ahousat, sulla costa occidentale di Vancouver Island, nel 1938 scriveva:
Il problema rappresentato dagli indiani è di natura morale e religiosa. Essi mancano dei fondamenti di base del pensiero e dello spirito civile, il che spiega la loro natura ed il loro comportamento infantile. Presso la nostra scuola ci sforziamo di trasformarli in cristiani maturi che imparino a comportarsi bene nel mondo ed abbandonino il loro selvaggio stile di vita ed i loro diritti, acquisiti col trattato, che li tengono inchiodati alla loro terra e ad una primitiva esistenza. Soltanto allora il problema indiano nel nostro paese verrà risolto.
(Lettera del Rev. A.E. Caldwell all’agente indiano P.D. Ashbridge, Ahousat, BC, 12 novembre 1938)
Il fatto che questo stesso preside venga citato dai testimoni in quanto assassino di almeno due bambini – uno dei quali ucciso lo stesso mese in cui scrisse la sopraccitata lettera – non è casuale, poiché il genocidio culturale trabocca senza sforzo nell’assassino, come i nazisti hanno dimostrato in modo così lampante al mondo.
Nondimeno la lettera di Caldwell chiarisce due punti nodali della discussione relativa alle atrocità fisiche e mentali inflitte agli studenti indigeni: (a) le scuole residenziali costituivano un vasto programma di controllo mentale, e (b) lo scopo sotteso di questa “riprogrammazione”dei bambini indigeni era quello di scacciare i nativi via dalle loro terre onde permettere ai bianchi l’accesso ad esse.
Citando la sopravvissuta di Alberni, Harriett Nahanee:
Ci mettevano sempre gli uni contro gli altri, costringendoci a combatterci e a molestarci a vicenda. Il tutto aveva lo scopo di dividerci e di farci il lavaggio del cervello in modo che dimenticassimo che noi eravamo i Custodi del Territorio.
Il Creatore diede al nostro popolo il compito di proteggere le terre, i pesci, le foreste, questo era lo scopo delle nostre essenze. I bianchi però volevano tutto per sé stessi, e le scuole residenziali erano il metodo a loro disposizione; metodo che funzionò.
Abbiamo dimenticato il nostro sacro compito ed ora i bianchi possiedono la maggior parte delle terre e si sono impossessati di tutto il pesce e di tutti gli alberi. Noi siamo per la maggior parte poveri, dediti a vizi, violenti in famiglia; e tutto questo iniziò nelle scuole, dove ci manipolarono la mente affinché odiassimo la nostra cultura e noi stessi, cosicché avremmo perso tutto quanto. Questo è il motivo per cui affermo che il genocidio è tuttora in corso. (Testimonianza di Harriett Nahanee resa a Kevin Annett, North Vancouver, BC, 11 dicembre 1995)
Fu solo con l’assunzione dei poteri di tutela da parte dei presidi della costa occidentale, avvenuta fra il 1933 ed il 1941, che emergono i primi riscontri di reti pedofile organizzate in quelle scuole residenziali; perché quel sistema era legalmente e moralmente libero di fare ai suoi allievi coatti tutto quello che voleva.
Le scuole residenziali divennero un rifugio sicuro – un sopravvissuto le definisce una “zona franca” – per pedofili, assassini e medici perversi che avevano bisogno di cavie umane vive per collaudi di farmaci o ricerche genetiche e sul cancro.
Scuole specifiche, come quella cattolica di Kuper Island e quella della Chiesa Unitaria di Alberni, divennero centri speciali in cui, unitamente all’abituale sequela di pestaggi, stupri e noleggio di bambini a influenti pedofili, venivano praticate impunemente tecniche di sterminio su bambini indigeni provenienti da tutta la provincia.
Gran parte del male fisico e mentale recato agli studenti indigeni aveva lo scopo di spezzare lealtà tribale tradizionale per linee di parentela, mettendo i bambini gli uni contro gli altri e privandoli dei loro legami naturali; maschi e femmine erano rigidamente segregati in dormitori separati e non potevano mai incontrarsi.
Una sopravvissuta racconta di non avere mai visto il fratellino per anni, anche se lui si trovava nel medesimo edificio della scuola anglicana di Alert Bay. Quando poi i bambini sconfinavano nei corrispettivi dormitori e le ragazze ed i ragazzi più grandicelli venivano colti a scambiarsi effusioni, venivano applicate a tutti quanti punizioni più severe. Secondo le parole di una sopravvissuta che frequentò la scuola di Alberni nel 1959:
Un ragazzo ed una ragazza, sorpresi a baciarsi, subirono la pena delle verghe. I due vennero costretti a strisciare nudi lungo una fila di altri studenti, e noi li colpimmo con bastoni e fruste forniteci dal direttore; la ragazza fu picchiata così duramente che morì a causa di un’insufficienza renale. Ci diedero davvero una bella lezione: se cercavi di provare dei normali sentimenti per qualcuno, venivi ucciso per questo. Così imparammo ben presto a non voler bene né a fidarci di nessuno, e a fare soltanto quanto ci veniva ordinato. (Testimonianza di una donna non identificata della Nazione Pacheedat, Port Renfrew, BC, 12 ottobre 1996)
Secondo Harriett Nahanee:
Le scuole residenziali creavano due tipi di indiani: schiavi e traditori, e questi ultimi sono ancora in carica. Il resto di noi fa ciò che gli viene ordinato. I capi dei consigli delle tribù hanno detto a tutti quelli della nostra riserva di non parlare in tribunale ed hanno minacciato di tagliare le nostre indennità nel caso lo facciamo. (Harriet Nahanee a Kevin Annett, 12 giugno 1996).
La natura di quel sistema di tortura non era casuale. Ad esempio, nelle scuole residenziali canadesi di qualsiasi confessione, l’uso regolare di scosse elettriche su bambini che parlavano la loro lingua o ce erano “disobbedienti” era un fenomeno diffuso, e ciò non veniva a casaccio ma era una prassi istituzionalizzata.
Secondo testimoni oculari, nelle scuole di Alberni e Kuper Island della British Columbia, nella scuola cattolica spagnola dell’Ontario ed in strutture ospedaliere isolate, gestite dalle chiese e dal Dipartimento Affari Indiani nel Quebec settentrionale, a Vancouver Island e nell’Alberta rurale, esistevano stanze di tortura, allestite appositamente con sedie elettriche fisse e spesso fatte funzionare da personale medico.
Mary Anne Nakogee-Davis di Thunder Bay, Ontario, nel 1963 all’età di otto anni, fu torturata su una sedia elettrica dalle suore della scuola residenziale cattolica spagnola. Ella racconta:
Le suore la usavano come un ‘arma, e vi fui sottoposta in più di un’occasione. Ti legavano le braccia ai braccioli metallici e le scosse ti facevano sobbalzare tutto il corpo. Non so che male avessi fatto per meritare una tale punizione. (Tratto da The London Free Press, London, Ontario, 22 ottobre 1996)
Torture di questo genere, analoghe ai programmi di sterilizzazione individuati presso il W.R. Large Memorial Hospital di Bella Bella ed il Nanaimo Indian Hospital, venivano eseguite anche presso istituti gestiti dalle chiese con i fondi del Ministero Affari Indiani.
Frank Martin, postino indigeno della British Columbia settentrionale, descrive la sua reclusione coatta e l’impiego della sua persona per esperimenti, avvenuta nel 1963 e nel 1964 presso la Bbrannen Lake Reform School, vicino a Nanaimo:
All’età di nove anni fui rapito dal mio villaggio e mandato alla scuola Brannen Lake di Nanaimo. Un medico locale mi fece un’iniezione e dio mi risveglia in una piccola cella, forse di tre metri per quattro; mi tennero rinchiuso li come un animale per 14 mesi. Mi tiravano fuori ogni mattina e mi somministravano scosse elettriche alla testa sino a quando non svenivo e poi, nel pomeriggio, mi sottoponevano a raggi x per diversi minuti di seguito. Non mi dissero mai perché lo facessero, ma all’età di diciotto anni mi ammalai di cancro ai polmoni pur senza aver mai fumato. (Testimonianza videoregistrata di Frank Martin resa a Eva Lyman e Kevin Annett, Vancouver, 16 luglio 1998)
Questi esperimenti empirici combinati ad un sadismobrutale caratterizzarono questi istituti finanziati pubblicamente, in particolare il famigerato Nanaimo Indian Hospital. David Martin di Powell River,BC, nel 1958, all’età di cinque anni, fu condotto in questo ospedale e sottoposto ad esperimenti comprovati da Joan Morris, Harry Wilson ed altri testimoni citati nel presente rapporto. Secondo David:
Mi fu detto che avevo la tubercolosi, ma io ero del tutto sano; non presentavo alcun sintomo di quella malattia. Quindi mi mandarono al Nanaimo Indian Hospital e li mi tennero legato in un letto per più di sei mesi. Ogni giorno i medici mi praticavano delle iniezioni che mi facevano stare davvero male e provocavano sulla mia pelle arrossamenti e prurito.
Sentivo le urla di altri bambini indiani rinchiusi in celle di isolamento; non ci fu mai consentito di vederli e nessuno mi disse mai che cosa stessero facendo a tutti noi in quel luogo. (David Martin a Kevin Annett, Vancouver, 12 novembre 2000).
Presso le stesse scuole residenziali una tortura ordinaria e ricorrente erano gli interventi sui denti dei bambini senza l’utilizzo di qualsiasi forma di anestesia o di analgesici. Due diverse vittime di queste torture presso la scuola di Alberni descrivono di esservi state sottoposte da differenti dentisti a distanza di decenni. Harriett Nahanee fu brutalizzata in quel modo nel 1946, mentre Dennis Tallio fu “sottoposto all’opera di un vecchio infermo che non mi somministrò mai degli analgesici” in quella stessa scuola nel 1965.
I sopravvissuti algi esperimenti del Dr, Josef Mengele ritengono che costui li abbia elaborati alla Cornell University di New York, i Bristol Labs di Syracuse, New York, e Upjohn Corporation e laboratori Bayer dell’Ontario. Mengele ed i suoi ricercatori canadesi, come il famigerato psichiatra di Montreal Ewen Cameron, utilizzavano prigionieri, malati mentali e bambini indigeni provenienti dalle riserve e dalle scuole residenziali nella loro attività volte a cancellare e rimodellare la memoria, e la personalità umana, usando farmaci, scosse elettriche e metodi per indurre traumi identici a quelli impiegati per anni nelle scuole residenziali.
Ex dipendenti del governo federale hanno confermato che l’uso dei “reclusi” delle scuole residenziali per esperimenti medici governativi era autorizzato tramite un accordo congiunto con le chiese che gestivano le scuole stesse.
Secondo un ex funzionari degli Affari Indiani:
Una sorta di accordo sulla parola fu in vigore per molti anni: le chiese ci fornivano i bambini dalle scuole residenziali e noi incaricavamo l’RCMP di consegnarli a chiunque avesse bisogno di un’infornata di soggetti da esperimento: in genere medici, a volte elementi del Dipartimento della Difesa. I cattolici lo fecero ad alto livello nel Quebec, quando trasferirono in larga scala ragazzi dagli orfanotrofi ai manicomi. Lo scopo era il medesimo: sperimentazione. A quei tempi i settori militari e dell’intelligence davano molte sovvenzioni: tutto quello che si doveva fare era fornire i soggetti.
I funzionari ecclesiastici erano più che contenti di soddisfare quelle richieste. Non erano solo i presidi delle scuole residenziali a prendere tangenti da questo traffico: tutti ne approfittavano, e questo è il motivo per cui la cosa è andata avanti così a lungo; essa coinvolge proprio una sacco di papaveri alti. ( Dai fascicoli riservati del tribunale dell’IHRAAM, contenenti le dichiarazioni di fonti confidenziali, 12-14 giugno 1998)
Gli esperimenti in questione e la cruda brutalità delle sevizie inflitte ai bambini nelle scuole attesta la considerazione che le istituzioni avevano degli indigeni in quanto esseri “sacrificabili” e “malati”. Decine e decine di sopravvissuti provenienti da dieci diverse scuole residenziali della British Columbia e dell’Ontario hanno descritto sotto giuramento le seguenti torture, inflitte fra il 1922 ed il 1984, a loro stessi e ad altri bambini, alcuni di solo cinque anni di età.:
• Stringere fili e lenze da pesca attorno al pene del bambini;
• Inserire aghi nelle loro mani, guance, lingue, orecchie e pene;
• Tenerli sospesi sopra tombe aperte minacciando di seppellirli vivi;
• Costringerli a mangiare cibo pieni di vermi o rigurgitato;
• Dire loro che i erano morti e che stavano per essere uccisi;
• Denudarli di fronte alla scolaresca riunita e umiliarli verbalmente e sessualmente;
• Costringerli a stare eretti per oltre 12 ore di seguito sino a quando non crollavano;
• Immergerli nell’acqua ghiacciata;
• Costringerli a dormire all’aperto durante l’inverno;
• Strappare loro i capelli dalla testa;
• Sbattere ripetutamente le loro teste contro superfici muratura o in legno;
• Colpirli quotidianamente senza preavviso tramite fruste, bastoni,finimenti da cavallo, cinghie metalliche decorate, stecche da biliardo e tubi di ferro;
• Estrarre loro i denti d’oro senza analgesici;
• Rinchiuderli per giorni in stanzini non ventilati senza acqua né cibo;
• Somministrare loro regolarmente scosse elettriche alla testa, ai genitali e agli arti.
Forse il riassunto più chiaro della natura e degli scopi di tale sadismo è costituito dalle parole di Bill Steward di Nanaimo, sopravvissuto alla scuola Kuper Island:
Era la gente della chiesa ad adorare il diavolo, non noi. Volevano l’oro, il carbone, la terra che abitavamo, così ci terrorizzavano affinché consegnassimo tutto a loro. Come fa un uomo che all’età di sette anni veniva violentato quotidianamente a combinare qualcosa nella vita? Le scuole residenziali furono istituite per distruggere le nostre vite, e riuscirono nell’intento. I bianchi erano dei terroristi, puri e semplici.
(Testimonianza di Bill Steward resa a Kevin Annett e ad osservatori della IHRAAM, Duncan, BC, 13 agosto 1998)
FONTE : http://www.sfairos.it/indiani_d_america.htm
Rapporto pubblicato da The Truth Commission into Genocide in Canada
PREFAZIONE:
Jasper Jospeh è un nativo sessantaquattrenne di Port Hardy, British Columbia. Gli occhi gli si riempirono ancora di lacrime quando ricorda i suoi cugini, uccisi nel 1944 con iniezioni letali dal personale del Nanaimo Indian Hospital.
Avevo soltanto otto anni, e ci avevano mandato dalla scuola residenziale anglicana di Alert Bay al Nanaimo Indian Hospital, quello gestito dalla Chiesa Unitaria. Li mi hanno tenuto in isolamento in una piccola stanza per più di tre anni, come se fossi un topo da laboratorio, somministrandomi pillole e facendomi iniezioni che mi facevano star male.
Due miei cugini fecero un gran chiasso, urlando e ribellandosi ogni volta. Così le infermiere fecero loro delle iniezioni, ed entrambi morirono subito. Lo fecero per farli stare zitti. (10 novembre 2000)
A differenza del popolo tedesco dopo la seconda guerra mondiale, noi canadesi dobbiamo ancora venire a conoscenza, per non parlare di fare ammenda, del genocidio che abbiamo perpetrato nei confronti di milioni di individui conquistati: uomini, donne e bambini indigeni deliberatamente sterminati dal nostro stato e dalla nostra chiesa, convinti della loro supremazia razziale.
Già dal novembre del 1907 la stampa canadese attestava che il tasso dei decessi all’interno delle scuole residenziali indiane superava il 50%(vedere Appendice, articoli giornalistici chiave).Tuttavia negli ultimi decenni la realtà di un tale massacro è stata rimossa dalla storia e dalla coscienza pubblica del Canada. Non c’è da stupirsene, perchè quella storia occultata rivela un sistema il cui scopo era quello di distruggere la maggior parte della popolazione nativa tramite malattie, trasferimenti e omicidi belli e buoni, “assimilando” nel contempo una minoranza di collaborazionisti che venivano addestrati a servire quel sistema genocidi.
Questa storia di genocidio deliberato coinvolge ogni livello governativo del Canada, la Royal Canadian Mounted Police (RCMP), ogni chiesa principale, grandi corporazioni e polizia, medici e giudici locali. La rete di complicità di questa macchina assassina era, e rimane così estesa che il suo occultamento ha richiesto un altrettanto elaborata compagna di copertura, organizzata nelle più alte sfere di potere del nostro paese; una copertura che continua tuttora, in particolare adesso che i testimoni oculari degli omicidi e delle atrocità, perpetrati presso le “scuole” residenziali per nativi gestite dalla chiesa, si sono fatti avanti per la prima volta.
Perché erano le “scuole” residenziali a costituire i campi di sterminio dell’olocausto canadese e all’interno delle cui mura, secondo statistiche governative, circa la metà dei bambini lì spediti per legge morirono o scomparvero.
Secondo un sopravvissuto queste 50.000 vittime svanirono, così come i loro cadaveri – “come se non fossero mai esistiti”.
Ma esistevano eccome.
Erano bambini innocenti, uccisi da percosse e torture e dopo essere stati deliberatamente esposti a tubercolosi e ad altre malattie da dipendenti salariati delle chiese e del governo, in base ad un progetto generale di “Soluzione Finale” concepito dal Dipartimento Affari Indiani e dalle chiese cattolica e protestante.
Con tale approvazione ufficiale del massacro, emanata da Ottawa, le chiese responsabili dell’annientamento dei nativi in loco si sentirono incoraggiate e protette a sufficienza da dichiarare per tutto il 20mo secolo una guerra totale alle popolazioni indigene non cristiane.
Le vittime di tale guerra non furono soltanto i 50.000 bambini morti delle scuole residenziali, ma anche i sopravvissuti, la cui attuale condizione sociale è stata descritta dai gruppi per i diritti umani delle Nazioni Unite come quella di “una popolazione colonizzata al limite della sopravvivenza, con tutte le caratteristiche di una società dal terzo mondo”. (12 novembre 1999)
L’olocausto continua. Il presente rapporto è frutto di un’indagine indipendente, durata sei anni, sulla storia nascosta del genocidio perpetrato ai danni delle popolazioni indigene del Canada; riassume le testimonianze, i documenti ed altri riscontri a riprova che il governo, le chiese e le corporazioni canadesi sono colpevoli di genocidio intenzionale, che il Canada ratificò nel 1952 e alla quale è vincolata dal diritto internazionale.
Tale rapporto deriva dall’impegno e dalla collaborazione di circa 30 individui e tuttavia alcuni dei suoi autori devono restare nell’anonimato, in particolare i collaboratori indigeni i quali, a causa del loro coinvolgimento in questa indagine, sono stati minacciati di morte, attaccati, privati del lavoro e sradicati dalle loro abitazioni nelle riserve indiane.
A causa dei miei tentativi di svelare la vicenda delle morti dei bambini presso la scuola residenziale della chiesa di Alberni io, in qualità di ministro di una delle istituzioni citate nell’indagine, la Chiesa Unitaria del Canada – sono stato licenziato, inserito nella lista nera, minacciato e diffamato pubblicamente dai suoi funzionari.
Molti hanno fatto dei sacrifici per stilare questo rapporto, in modo che il mondo possa venire a conoscenza dell’olocausto canadese e per assicurarsi che i responsabili vengano giudicati dal Tribunale per i Crimini Internazionali. La presente indagine su crimini contro l’umanità, iniziata nell’autunno del 1994 fra i nativi e gli attivisti a basso reddito a Port Alberni, nella British Columbia, è continuata nonostante le minacce di morte, gli attacchi e le risorse della chiesa e dello stato canadesi.
Il lettore ha facoltà di onorare il nostro sacrificio raccontando al altri questa storia e rifiutandosi di collaborare con istituzioni che hanno deliberatamente ucciso migliaia di bambini.
Questa storia di appoggio ufficiale e di collusioni, relativa ad un secolo o più di crimini contro i primi abitanti del Canada, non deve dissuaderci dallo scoprire la verità e dal portare davanti alla giustizia coloro che hanno commesso tali crimini.
E’ per questo motivo che vi invitiamo a ricordare non solo i 50.000 bambini deceduti nei campi di sterminio delle scuole residenziali, ma anche tutte quelle vittime silenziose che oggi patiscono in mezzo a noi in cerca di pane e giustizia.
(Rev.) Kevin D. Annett, segretario The Truth Commission into Genocide in Canada, Vancouver, British Columbia, 1 febbraio 2001
PARTE 1:
(Riassunto delle prove di Genocidio intenzionale nelle scuole residenziali canadesi)
Articolo II: L’intenzione di distruggere, integralmente o parzialmente, un gruppo nazionale etnico, razziale o religioso; vale a dire le popolazioni indigene non-cristiane del Canada.
Lo scopo fondante a monte delle oltre cento scuole residenziali indiane, edificate in Canada in base a leggi governative ed amministrate dalle chiese cattolica e protestante, era il deliberato e costante sradicamento delle popolazioni indigene e della loro cultura, nonché la conversione forzata al cristianesimo di tutti i nativi sopravvissuti.
L’intento fu enunciato nel Gradual Civilization Act del 1857 nel Canada superiore e, precedentemente, la legislazione ispirata dalla chiesa che definiva la cultura indigena inferiore, privò la popolazione nativa della cittadinanza e la subordinò in una categoria legale separata dai non-indiani.
Questa legge servì come base per il Federal Indian Act del 1874, che ribadì l’inferiorità legale e morale degli indigeni ed istituì il sistema delle scuole residenziali. La definizione legale di un indiano in quanto “individuo selvaggio, privo della conoscenza di Dio e di qualsiasi stabile e chiaro credo religioso” (Revised Statutes della British Columbia, 1960) fu coniata da queste leggi e persiste fino ai giorni nostri.
Allora come adesso, gli indigeni erano considerati legalmente e concretamente come non-entità nella loro terrae, di conseguenza, intrinsecamente sacrificabili.
Queste intenzioni genocide furono riaffermate di frequente nella legislazione governativa, nelle dichiarazioni della chiesa nonché nella corrispondenza e nei documenti dei missionari, agenti indiani e funzionari delle scuole residenziali. Naturalmente si trattava esattamente della ragione d’essere dell’invasione cristiana nei territori tradizionali dei nativi, sanzionata dallo stato e dal sistema delle scuole residenziali, che venne istituito all’apice dell’espansionismo europeo negli anni ‘80 dell’ottocento e proseguito fino al 1984.
Lo scopo era per definizione il genocidio, in quanto pianificò e portò avanti la distruzione di un gruppo etnico e religioso: tutti quegli indigeni che non si fossero convertiti al cristianesimo ed estinti culturalmente.
I nativi non cristiani erano il bersaglio dichiarato delle scuole residenziali che, sotto la maschera dell’istruzione, praticavano una pulizia etnica di massa.
Inoltre questi “pagani” erano oggetto dei programmi di sterilizzazione finanziati dal governo, eseguiti in ospedali gestiti dalla chiesa e sanatori per la tubercolosi della costa occidentale .
Secondo un testimone oculare, Ethel Wilson di Bella Bella, BC, un certo George Darby, medico missionario della Chiesa Unitaria, fra il 1928 ed il 1962 sterilizzò intenzionalmente indiani non-cristiani presso l’R.W. Large Memorial Hospital. Nel 1998 la signora Wilson, ora deceduta, dichiarò:
Nel 1952 il dottor Darby mi riferì che l’Ufficio Affari Indiani di Ottawa lo pagava per ogni indiano/a che sterilizzava, in particolare se costoro non frequentavano le chiese. Centinaia delle nostre donne furono sterilizzate dal dottor Darby solatanto perché non andavano in chiesa.
(Testimonianza di Ethel Wilson di fronte al Tribunale dell’Associazione Internazionale per i Diritti Umani delle Minoranze Americane [IHRAAM], Vancouver, BC, 13 giugno 1998).
Secondo Christy White, cittadina di Bella Bella, la documentazione realtiva a queste sterilizzazioni, finanziate dal governo ed eseguite presso l’R.W. Large Memorial Hospital, venne intenzionalmente distrutta nel 1995, subito dopo il pubblicizzato avvio di un indagine della polizia relativa alle atrocità commesse nelle scuole residenziali della British Columbia. Nel 1998 la signora White affermò:
Ho lavorato presso l’ospedale di Bella Bella e so che Barb Brown, uno degli amministratori, in due occasioni gettò in mare i documenti realtivi alle sterilizzazioni, alcuni dei quali furono ritrovati sulla spiaggia a sud della città. Questo avvenne nella primavera del 1995, subito dopo che i poliziotti avevano avviato la loro indagine sulle scuole. Stavano coprendo le tracce. Tutti sapevamo che Ottawa finanziava le sterilizzazioni, ma ci fu detto di tacere sulla questione.
(Testimonianza di Christy White resa a Kevin Annett, 12 agosto 1998)
Nella British Columbia la legge che consentiva la sterilizzazione di qualsiasi ospite delle scuole residenziali fu approvata nel 1933 mentre in Alberta nel 1928 (vedere “Sterilization Victims Urged to Come Forward” di Sabrina Whyatt, Windspeaker, agosto 1998). Il Sexual Sterilization Act della British Columbia autorizzava il preside di una scuola a consentire la sterilizzazione di qualsiasi nativo si trovasse sotto la sua responsabilità ed egli, in quanto tutore legale, poteva far sterilizzare qualsiasi bambino nativo. Tali sterilizzazioni venivano di frequente attuate nei confronti di interi gruppi di bambini indigeni quando questi avevano raggiunto la pubertà, in istituti quali la Provincial Training School di Red Deer, in Alberta, ed il Ponoka Mental Hospital (dal colloquio della ex infermiera Pat Taylor con Kevin Annett, 13 gennaio 2000).
Di analoga rilevanza storica è il fatto che il governo federale canadese approvò la legislazione nel 1920, rendendo obbligatorio che tutti i bambini indigeni della British Columbia – la cui costa occidentale era l’area meno cristianizzata del Canada – frequentassero le scuole residenziali, nonostante il fatto che lo stesso governo avesse già riconosciuto che il tasso di mortalità dovuto a malattie trasmissibili fosse più elevato proprio in queste scuole e che, durante la permanenza in quei luoghi, i bambini indigeni presentavano una “costituzione così indebolita da non avere alcuna vitalità atta a contrastare le malattie” (Comunicazione di A. W. Neill, agente indiano della costa occidentale, al ministro per gli affari indiani, 25 aprile 1910).
Vale a dire che il governo canadese rese obbligatoria alle popolazioni indigene maggiormente “pagane” e meno integrate la frequenza delle scuole residenziali proprio nel periodo in cui, secondo funzionari degli Affari Indiani come il Dr. Peter Bryce, il tasso di mortalità in quelle stesse scuole aveva raggiunto il proprio apice – attorno al 40%. Questo aspetto di per sé stesso indica le intenzioni genocidi nei confronti degli indigeni non-cristiani.
Articolo II (a): Uccisione di membri del gruppo da eliminare
Testimoni oculari, documenti governativi, dichiarazioni di agenti indiani e di anziani delle tribù confermano il fatto che nelle scuole residenziali gli indigeni venivano uccisi intenzionalmente, aspetto d’altronde fortemente indicato dalla semplice questione che il tasso di mortalità nelle scuole residenziali raggiunse il 40%, con il decesso in Canada di oltre 50.000 bambini indigeni (vedere bibliografia, compreso il rapporto del Dr. Peter Bryce dell’aprile del 1909, destinato a Duncan Campbell Scott, sovrintendente agli Affari Indiani).
Inoltre il fatto che tale tasso di mortalità rimase costante nel corso degli anni,nonché all0interno delle scuole e degli istituti quali che fossero le chiese confessionali che li gestivano – cattolica romana, unitaria, presbiteriana o anglicana – indica che a monte di questi decessi vi erano politiche e condizioni comuni, questo perché ogni secondo bambino morto nel sistema delle scuole residenziali elimina la possibilità che tali decessi fossero puramente accidentali oppure frutto di iniziative di pochi individui depravati che agivano da soli e senza protezione.
Tuttavia tale sistema non solo era intrinsecamente omicida, ma operava nell’ambito di condizioni legali e strutturali che incoraggiavano, favorivano e istigavano l’omicidio che erano organizzare per occultare questi crimini.
Le scuole residenziali erano strutturate come campi di concentramento, secondo uno schema gerarchico di tipo militare sotto il controllo totale di un preside nominato congiuntamente dallo stato e dalla chiesa e che, generalmente, era un ecclesiastico. Nei primi anni ’30 del ‘900 il governo federale conferì al preside persino diritti di tutela legale su tutti gli studenti, almeno nelle scuole residenziali della costa occidentale. Tenendo presente che le popolazioni indigene erano per legge sotto la tutela legale dello stato e che così era stato sin dall’entrata in vigore dell’Indian Act, tale iniziativa del governo fu assai insolita; tuttavia tale potere assoluto del direttore della scuola sulla vita degli studenti indigeni fu uno dei requisiti di qualsiasi sistema i cui assassini di indigeni dovevano essere mascherati ed in seguito negati.
Le scuole residenziali erano costruite con questo inganno, in modo tale che i decessi e le atrocità tipiche del genocidio potessero essere occultate ed infine spiegate. Nel contesto del Canada, questo significava una politica di graduale ma deliberato sterminio sotto un paravento protettivo legale, fornito da istituzioni “legittime e fidate”: le chiese principali.
Andrebbe chiarito fin dall’inizio che le decisioni relative alle scuole residenziali, comprese quelle che provocavano la morte dei bambini ed i relativi occultamenti, erano ufficialmente autorizzate ad ogni livello dalle chiese che le gestivano e dal governo che le istituiva; solo un’autorizzazione di questo tipo avrebbe permesso che i decessi continuassero così come è avvenuto – e che coloro che commisero tali crimini si sentissero sufficientemente protetti da agire impunemente per molti anni all’interno del sistema, così come fecero dappertutto.
Esposizione alle malattie
Nel 1909 il Dr. Peter Bryce, del Ministero della Sanità dell’Ontario, fu assunto dal Dipartimento Affari Indiani di Ottawa per visitare le scuole residenziali indiane del Canada occidentale e della British Columbia e fare rapporto sulle loro condizioni sanitarie. Il rapporto di Bryce scandalizzò a tal punto governo e chiesa che venne ufficialmente insabbiato, per tornare alla luce solo nel 1922 quando Bryce – che a causa della sincerità del suo rapporto fu estromesso dall’amministrazione statale – scrisse un libro al proposito, dal titolo The Story of a National Crime (Ottawa, 1922).
Nel rapporto in questione il Dr. Bryce affermava che nelle scuole residenziali i bambini indiani venivano sistematicamente e deliberatamente uccisi, citava un tasso medio di mortalità fra il 35% e il 60% e asseriva che il personale ed i funzionari della chiesa nascondevano, rifiutavano di consegnare o falsificavano regolarmente la documentazione ed altre prove relative alla morte dei bambini.
Il Dr. Bryce inoltre dichiarò che uno dei metodi principali utilizzati per uccidere bambini indigeni era quello di esporli intenzionalmente al contagio di malattie trasmissibili come la tubercolosi per poi negare loro qualsiasi assistenza o cura medica – una prassi effettivamente riportata da alcuni fra i massimi rappresentanti anglicani sul Globe and Mail del 29 maggio 1953.
Nel Marzo del 1998 William e Mabel Sport di Nanaimo, BC, due testimoni indigeni che frequentarono le scuole residenziali della costa occidentale, confermarono le affermazioni del Dr. Bryce: entrambi sostengono di essere stati intenzionalmente esposti, negli anni ’40, alla tubercolosi dal personale di due scuole residenziali, una cattolica e l’altra della Chiesa Unitaria.
Mi costringevano a dormire nello stesso letto con bambini che stavano morendo a causa della tubercolosi; ciò accadeva intorno al 1942 nella scuola residenziale cattolica cristiana. Cercavano di ucciderci e quasi ci riuscirono. Fecero altrettanto presso le scuole indiane protestanti, tre bambini per letto, quelli sani con quelli morenti.(Testimonianza di Mabel Sport resa ai funzionari della IHRAAM, Port Alberni, BC, 31 marzo 1998).
Il reverendo Pitts, preside della scuola di Alberni, costrinse me ed altri otto bambini a mangiare del cibo speciale da un tipo di scatoletta diverso dal solito.Aveva un gusto davvero strano. Inseguito ci ammalammo tutti di tubercolosi.
Io fui l’unico a sopravvivere, perché mio padre una notte irruppe nella scuola e mi portò via di lì. Tutti gli altri morirono di tubercolosi e non vennero mai curati, bensì lasciati lì a morire, e a tutte le loro famiglie venne detto che erano morti di polmonite.
Il piano era quello di ucciderci tutti in segreto.
Dopo aver mangiato quel cibo, iniziammo tutti a morire. Nel gruppo di coloro che furono avvelenati, vi erano due dei miei migliori amici. Non ci fu mai permesso di parlarne né di recarci nel seminterrato, dove venivano commessi altri omicidi; essere mandati alla scuola di Alberni corrispondeva ad una condanna a morte. (Testimonianza di William Sport resa ai funzionari della IHRAAM, Port Alberni, BC, 31 marzo 1998)
Omicidi
Secondo i testimoni oculari, nelle scuole residenziali erano prassi comune omicidi anche più palesi. Tali testimoni hanno descritto bambini che venivano picchiati e lasciati morire di fame, scaraventati fuori dalle finestre, strangolati e buttati giù per le scale a spintoni o a calci sino a morirne. Questi omicidi avvenivano in almeno otto scuole residenziali, gestite dalle tre principali chiese confessionali, nella sola British Columbia.
Il sottotenente Bill Steward di Nanaimo, BC, afferma:
Mia sorella Maggie fu scaraventata da una suora dalla finestra al terzo piano della scuola di Kuper Island, e morì. Tutto venne insabbiato, né venne svolta alcuna indagine. All’epoca, essendo indiani, non potevamo assumereuna avvocato e così non venne mai fatto alcunché. (Testimonianza di Bill Steward, Duncan, BC, 13 agosto 1998)
Diane Harris, assistente sanitaria del Consiglio della Tribù Chemainus della Vancouver Island, conferma i resoconti degli omicidi.
Sentiamo in continuazione racconti sui bambini che furono uccisi a Kuper Island. Appena a sud della scuola vi era un cimitero, destinati ai bambini nati dai rapporti fra i preti e le ragazze, sino a quando nel 1973, alla chiusura della scuola, non fu portato alla luce.
Le suore facevano abortire le ragazze madri ed a volte finivano con l’ucciderle.
Vi erano molte sparizioni. Mia madre che ora ha 83 anni, vide un prete trascinare una ragazza giù per le scale tirandola per i capelli e, di conseguenza, ella perì. Le ragazze venivano stuprate ed uccise, e poi sepolte sotto i tavolati dei pavimenti. Chiedemmo ai funzionari della RCMP locale di esumare quel luogo in cerca di resti ma loro si sono sempre rifiutati di farlo, anche in anni recenti come il 1996; il caporale Sampson ci ha persino minacciati. Questo genere di insabbiamento è la regola. I bambini sani venivano messi in infermeria assieme a quelli malati di tubercolosi, era la procedura standard; nell’arco di sette anni abbiamo documentato 35 omicidi palesi. (Testimonianza di Diane Harris resa di fronte al tribunale della IHRAAM, 13 giugno 1998)
Esistono riscontri a indicare che l’attiva collusione fra polizia, funzionari dell’ospedale, medici legali, agenti indiani e perfino capi indigeni ha contribuito ad occultare tali omicidi. Gli ospedali locali, in particolare i sanatori per la tubercolosi collegati alla chiesa unitaria e a quella cattolica romana, hanno svolto la funzione di “discariche” per i cadaveri dei bambini ed hanno regolarmente fornito certificati di morte falsi per gli studenti uccisi.
Nel caso della scuola residenziale della Chiesa Unitaria di Alberni, gli studenti che scoprivano i cadaveri di altri bambini subivano gravi punizioni. Uno di questi testimoni, Harry Wilson di Bella Bella, BC, afferma di essere stato espulso dalla scuola, quindi ricoverato in ospedale e drogato contro la sua volontà dopo aver scoperto il corpo di una ragazza deceduta nel maggio del 1967.
Cosa triste, il sistema a doppio livello di collaborazionisti e vittime creato nelle scuole fra gli studenti nativi continua a tutt’oggi, poiché alcuni dei rappresentanti del consiglio della tribù finanziati dallo stato – essi stessi ex collaborazionisti – sembrano avere un particolare interesse nel contribuire a sopprimere le prove e a mettere a tacere testimoni che incriminerebbero non solo gli assassini ma anche loro stessi, in quanto agenti dell’amministrazione bianca.
La maggior parte dei testimoni che hanno raccontato la loro storia agli autori e di fronte ai tribunali pubblici della costa occidentale hanno descritto o di aver visto casi di omicidio o di aver scoperto un cadavere presso la scuola residenziale che frequentavano. Il numero delle vittime, anche secondo le cifre fornite dal governo, fu enormemente elevato; ma allora dove sono tutti i cadaveri? I decessi di migliaia di studenti non sono riportati in nessuno dei registri delle scuole, degli archivi degli Affari Indiani né su altra documentazione finora presentata in tribunale o su pubblicazioni di ricerca relative alle scuole residenziali. Circa 50.000 cadaveri sono letteralmente ed ufficialmente andati perduti.
Il sistema delle scuole residenziali ha dovuto occultare non solo le prove degli omicidi ma anche i cadaveri. La presenza di fosse comuni segrete per i bambini uccisi presso le suole cattoliche e protestanti di Sardis, Port Alberni, Kuper Island ed Alert Bay è stata attestata da numerosi testimoni, secondo i quali queste aree segrete di sepoltura contenevano anche i feri abortiti e persino i bimbi molto piccoli frutto dei rapporti fra preti e ragazze del personale delle scuole.
Una delle testimoni, Ethel Wilson di Bella Bella, afferma di aver visto “file e file di piccoli scheletri” nelle fondamenta della ex scuola residenziale anglicana di St Michael’s ad Alert Bay quando al suo posto, negli anni ’60, venne edificata una nuova scuola.
Vi erano svariate file di scheletri, tutti allineati ordinatamente, come se fosse un gran cimitero. Gli scheletri erano stati ritrovati all’interno di una delle vecchie mura della scuola di St Mike. A giudicare dalle dimensioni, nessuno di essi poteva essere molto vecchio. Ora, per quale motivo così tanti bambini sono stati sepolti in quel modo all’interno di un muro, a meno che qualcuno non stesse cercando di nascondere qualcosa? (Testimonianza di Ethel Wilson resa a Kevin Annett, Vancouver, BC, 8 agosto 1998)
Arnold Sylvester, il quale, come Tennis Charlie, fra il 1939 ed il 1945 frequentò la scuola di Kuper Island, conferma questo resoconto.
I preti scavarono in quel cimitero in tutta fretta nel 1972, quando la scuola chiuse. Nessuno era autorizzato a guardarli riesumare quei resti. Penso che ciò fosse dovuto al fatto che si trattava di un cimitero particolarmente segreto, dove venivano sepolti i cadaveri delle ragazze incinte. Alcune delle ragazze ingravidate dai preti furono effettivamente uccise perché minacciavano di spifferare tutto; a volte venivano spedite via e a volte scomparivano. Non ci era consentito parlare di questo argomento. (Testimonianza di Arnold Sylvester resa a Kevin Annett, Duncan, BC, 13 agosto 1998)
Anche gli ospedali locali venivano utilizzati come discariche per i cadaveri dei bambini, come nel caso del ragazzo di Edmonds e del suo “trattamento” presso il St Paul’s Hospital, seguito al suo omicidio avvenuto presso la scuola cattolica di North Vancouver. Alcuni ospedali, comunque, sembrano essere stati luoghi particolarmente prediletti per l’accumulo dei cadaveri.
Il Nanaimo Tubercolosis Hospital (chiamato The Indian Hospital) era uno di questi. Secondo alcune donne che hanno subito questo genere di torture presso tale ospedale (vedere Articolo IId), sotto la guisa di cure per la tubercolosi generazioni di bambini e adulti indigeni furono oggetto di esperimenti medici e di sterilizzazione; lo stabile tuttavia era anche una sorta di magazzino-obitorio per i cadaveri dei nativi.
Secondo testimoni come Amy Tallio, che frequentò la scuola di Alberni nei primi anni ’50, il West Coast General Hospital di Port Alberni non solo accoglieva i corpi dei bambini provenienti dalla locale scuola residenziale della Chiesa Unitaria; era anche il luogo dove venivano eseguiti gli aborti sulle ragazze indigene ingravidate dai preti e dal personale e dove si sbarazzavano dei neonati che, forse, venivano uccisi.
Irene Starr, della nazione Hesquait, la quale frequentò la scuola di Alberni fra il 1952 e il 1961, conferma tutto questo.
Alla scuola di Alberni molte ragazze rimanevano incinte. I padri dei bambini, quelli che le violentavano, erano i membri del personale, gli insegnanti. Non abbiamo mai saputo cosa accadeva ai neonati, ma essi scomparivano regolarmente. Le ragazze gravide venivano portate all’ospedale di Alberni e quindi ritornavano, senza i loro bambini. Sempre. Il personale uccideva quei bambini per eliminare le loro tracce; venivano pagati dalla chiesa e dallo stato per fare gli stupratori e gli assassini. (Testimonianza di Irene Starr resa a Kevin Annett, Vancouver, BC, 23 agosto 1998)
Articolo II (b): Provocare gravi danni fisici o mentali
Agli esordi dell’era delle scuole residenziali Duncan Campbell Scott, sovrintendente agli Affari Indiani, delineò così le finalità delle suddette scuole: “Uccidere l’indiano che è dentro gli indiani”.
Chiaramente l’attacco genocida contro gli indigeni non era soltanto fisico. Ma anche spirituale. La cultura europea ambiva a possedere le menti e le anime delle nazioni native, per trasformare gli indigeni che non era riuscita a sterminare in copie di terza classe dei bianchi. Alfred Caldwell, direttore della scuola della Chiesa Unitaria di Ahousat, sulla costa occidentale di Vancouver Island, nel 1938 scriveva:
Il problema rappresentato dagli indiani è di natura morale e religiosa. Essi mancano dei fondamenti di base del pensiero e dello spirito civile, il che spiega la loro natura ed il loro comportamento infantile. Presso la nostra scuola ci sforziamo di trasformarli in cristiani maturi che imparino a comportarsi bene nel mondo ed abbandonino il loro selvaggio stile di vita ed i loro diritti, acquisiti col trattato, che li tengono inchiodati alla loro terra e ad una primitiva esistenza. Soltanto allora il problema indiano nel nostro paese verrà risolto.
(Lettera del Rev. A.E. Caldwell all’agente indiano P.D. Ashbridge, Ahousat, BC, 12 novembre 1938)
Il fatto che questo stesso preside venga citato dai testimoni in quanto assassino di almeno due bambini – uno dei quali ucciso lo stesso mese in cui scrisse la sopraccitata lettera – non è casuale, poiché il genocidio culturale trabocca senza sforzo nell’assassino, come i nazisti hanno dimostrato in modo così lampante al mondo.
Nondimeno la lettera di Caldwell chiarisce due punti nodali della discussione relativa alle atrocità fisiche e mentali inflitte agli studenti indigeni: (a) le scuole residenziali costituivano un vasto programma di controllo mentale, e (b) lo scopo sotteso di questa “riprogrammazione”dei bambini indigeni era quello di scacciare i nativi via dalle loro terre onde permettere ai bianchi l’accesso ad esse.
Citando la sopravvissuta di Alberni, Harriett Nahanee:
Ci mettevano sempre gli uni contro gli altri, costringendoci a combatterci e a molestarci a vicenda. Il tutto aveva lo scopo di dividerci e di farci il lavaggio del cervello in modo che dimenticassimo che noi eravamo i Custodi del Territorio.
Il Creatore diede al nostro popolo il compito di proteggere le terre, i pesci, le foreste, questo era lo scopo delle nostre essenze. I bianchi però volevano tutto per sé stessi, e le scuole residenziali erano il metodo a loro disposizione; metodo che funzionò.
Abbiamo dimenticato il nostro sacro compito ed ora i bianchi possiedono la maggior parte delle terre e si sono impossessati di tutto il pesce e di tutti gli alberi. Noi siamo per la maggior parte poveri, dediti a vizi, violenti in famiglia; e tutto questo iniziò nelle scuole, dove ci manipolarono la mente affinché odiassimo la nostra cultura e noi stessi, cosicché avremmo perso tutto quanto. Questo è il motivo per cui affermo che il genocidio è tuttora in corso. (Testimonianza di Harriett Nahanee resa a Kevin Annett, North Vancouver, BC, 11 dicembre 1995)
Fu solo con l’assunzione dei poteri di tutela da parte dei presidi della costa occidentale, avvenuta fra il 1933 ed il 1941, che emergono i primi riscontri di reti pedofile organizzate in quelle scuole residenziali; perché quel sistema era legalmente e moralmente libero di fare ai suoi allievi coatti tutto quello che voleva.
Le scuole residenziali divennero un rifugio sicuro – un sopravvissuto le definisce una “zona franca” – per pedofili, assassini e medici perversi che avevano bisogno di cavie umane vive per collaudi di farmaci o ricerche genetiche e sul cancro.
Scuole specifiche, come quella cattolica di Kuper Island e quella della Chiesa Unitaria di Alberni, divennero centri speciali in cui, unitamente all’abituale sequela di pestaggi, stupri e noleggio di bambini a influenti pedofili, venivano praticate impunemente tecniche di sterminio su bambini indigeni provenienti da tutta la provincia.
Gran parte del male fisico e mentale recato agli studenti indigeni aveva lo scopo di spezzare lealtà tribale tradizionale per linee di parentela, mettendo i bambini gli uni contro gli altri e privandoli dei loro legami naturali; maschi e femmine erano rigidamente segregati in dormitori separati e non potevano mai incontrarsi.
Una sopravvissuta racconta di non avere mai visto il fratellino per anni, anche se lui si trovava nel medesimo edificio della scuola anglicana di Alert Bay. Quando poi i bambini sconfinavano nei corrispettivi dormitori e le ragazze ed i ragazzi più grandicelli venivano colti a scambiarsi effusioni, venivano applicate a tutti quanti punizioni più severe. Secondo le parole di una sopravvissuta che frequentò la scuola di Alberni nel 1959:
Un ragazzo ed una ragazza, sorpresi a baciarsi, subirono la pena delle verghe. I due vennero costretti a strisciare nudi lungo una fila di altri studenti, e noi li colpimmo con bastoni e fruste forniteci dal direttore; la ragazza fu picchiata così duramente che morì a causa di un’insufficienza renale. Ci diedero davvero una bella lezione: se cercavi di provare dei normali sentimenti per qualcuno, venivi ucciso per questo. Così imparammo ben presto a non voler bene né a fidarci di nessuno, e a fare soltanto quanto ci veniva ordinato. (Testimonianza di una donna non identificata della Nazione Pacheedat, Port Renfrew, BC, 12 ottobre 1996)
Secondo Harriett Nahanee:
Le scuole residenziali creavano due tipi di indiani: schiavi e traditori, e questi ultimi sono ancora in carica. Il resto di noi fa ciò che gli viene ordinato. I capi dei consigli delle tribù hanno detto a tutti quelli della nostra riserva di non parlare in tribunale ed hanno minacciato di tagliare le nostre indennità nel caso lo facciamo. (Harriet Nahanee a Kevin Annett, 12 giugno 1996).
La natura di quel sistema di tortura non era casuale. Ad esempio, nelle scuole residenziali canadesi di qualsiasi confessione, l’uso regolare di scosse elettriche su bambini che parlavano la loro lingua o ce erano “disobbedienti” era un fenomeno diffuso, e ciò non veniva a casaccio ma era una prassi istituzionalizzata.
Secondo testimoni oculari, nelle scuole di Alberni e Kuper Island della British Columbia, nella scuola cattolica spagnola dell’Ontario ed in strutture ospedaliere isolate, gestite dalle chiese e dal Dipartimento Affari Indiani nel Quebec settentrionale, a Vancouver Island e nell’Alberta rurale, esistevano stanze di tortura, allestite appositamente con sedie elettriche fisse e spesso fatte funzionare da personale medico.
Mary Anne Nakogee-Davis di Thunder Bay, Ontario, nel 1963 all’età di otto anni, fu torturata su una sedia elettrica dalle suore della scuola residenziale cattolica spagnola. Ella racconta:
Le suore la usavano come un ‘arma, e vi fui sottoposta in più di un’occasione. Ti legavano le braccia ai braccioli metallici e le scosse ti facevano sobbalzare tutto il corpo. Non so che male avessi fatto per meritare una tale punizione. (Tratto da The London Free Press, London, Ontario, 22 ottobre 1996)
Torture di questo genere, analoghe ai programmi di sterilizzazione individuati presso il W.R. Large Memorial Hospital di Bella Bella ed il Nanaimo Indian Hospital, venivano eseguite anche presso istituti gestiti dalle chiese con i fondi del Ministero Affari Indiani.
Frank Martin, postino indigeno della British Columbia settentrionale, descrive la sua reclusione coatta e l’impiego della sua persona per esperimenti, avvenuta nel 1963 e nel 1964 presso la Bbrannen Lake Reform School, vicino a Nanaimo:
All’età di nove anni fui rapito dal mio villaggio e mandato alla scuola Brannen Lake di Nanaimo. Un medico locale mi fece un’iniezione e dio mi risveglia in una piccola cella, forse di tre metri per quattro; mi tennero rinchiuso li come un animale per 14 mesi. Mi tiravano fuori ogni mattina e mi somministravano scosse elettriche alla testa sino a quando non svenivo e poi, nel pomeriggio, mi sottoponevano a raggi x per diversi minuti di seguito. Non mi dissero mai perché lo facessero, ma all’età di diciotto anni mi ammalai di cancro ai polmoni pur senza aver mai fumato. (Testimonianza videoregistrata di Frank Martin resa a Eva Lyman e Kevin Annett, Vancouver, 16 luglio 1998)
Questi esperimenti empirici combinati ad un sadismobrutale caratterizzarono questi istituti finanziati pubblicamente, in particolare il famigerato Nanaimo Indian Hospital. David Martin di Powell River,BC, nel 1958, all’età di cinque anni, fu condotto in questo ospedale e sottoposto ad esperimenti comprovati da Joan Morris, Harry Wilson ed altri testimoni citati nel presente rapporto. Secondo David:
Mi fu detto che avevo la tubercolosi, ma io ero del tutto sano; non presentavo alcun sintomo di quella malattia. Quindi mi mandarono al Nanaimo Indian Hospital e li mi tennero legato in un letto per più di sei mesi. Ogni giorno i medici mi praticavano delle iniezioni che mi facevano stare davvero male e provocavano sulla mia pelle arrossamenti e prurito.
Sentivo le urla di altri bambini indiani rinchiusi in celle di isolamento; non ci fu mai consentito di vederli e nessuno mi disse mai che cosa stessero facendo a tutti noi in quel luogo. (David Martin a Kevin Annett, Vancouver, 12 novembre 2000).
Presso le stesse scuole residenziali una tortura ordinaria e ricorrente erano gli interventi sui denti dei bambini senza l’utilizzo di qualsiasi forma di anestesia o di analgesici. Due diverse vittime di queste torture presso la scuola di Alberni descrivono di esservi state sottoposte da differenti dentisti a distanza di decenni. Harriett Nahanee fu brutalizzata in quel modo nel 1946, mentre Dennis Tallio fu “sottoposto all’opera di un vecchio infermo che non mi somministrò mai degli analgesici” in quella stessa scuola nel 1965.
I sopravvissuti algi esperimenti del Dr, Josef Mengele ritengono che costui li abbia elaborati alla Cornell University di New York, i Bristol Labs di Syracuse, New York, e Upjohn Corporation e laboratori Bayer dell’Ontario. Mengele ed i suoi ricercatori canadesi, come il famigerato psichiatra di Montreal Ewen Cameron, utilizzavano prigionieri, malati mentali e bambini indigeni provenienti dalle riserve e dalle scuole residenziali nella loro attività volte a cancellare e rimodellare la memoria, e la personalità umana, usando farmaci, scosse elettriche e metodi per indurre traumi identici a quelli impiegati per anni nelle scuole residenziali.
Ex dipendenti del governo federale hanno confermato che l’uso dei “reclusi” delle scuole residenziali per esperimenti medici governativi era autorizzato tramite un accordo congiunto con le chiese che gestivano le scuole stesse.
Secondo un ex funzionari degli Affari Indiani:
Una sorta di accordo sulla parola fu in vigore per molti anni: le chiese ci fornivano i bambini dalle scuole residenziali e noi incaricavamo l’RCMP di consegnarli a chiunque avesse bisogno di un’infornata di soggetti da esperimento: in genere medici, a volte elementi del Dipartimento della Difesa. I cattolici lo fecero ad alto livello nel Quebec, quando trasferirono in larga scala ragazzi dagli orfanotrofi ai manicomi. Lo scopo era il medesimo: sperimentazione. A quei tempi i settori militari e dell’intelligence davano molte sovvenzioni: tutto quello che si doveva fare era fornire i soggetti.
I funzionari ecclesiastici erano più che contenti di soddisfare quelle richieste. Non erano solo i presidi delle scuole residenziali a prendere tangenti da questo traffico: tutti ne approfittavano, e questo è il motivo per cui la cosa è andata avanti così a lungo; essa coinvolge proprio una sacco di papaveri alti. ( Dai fascicoli riservati del tribunale dell’IHRAAM, contenenti le dichiarazioni di fonti confidenziali, 12-14 giugno 1998)
Gli esperimenti in questione e la cruda brutalità delle sevizie inflitte ai bambini nelle scuole attesta la considerazione che le istituzioni avevano degli indigeni in quanto esseri “sacrificabili” e “malati”. Decine e decine di sopravvissuti provenienti da dieci diverse scuole residenziali della British Columbia e dell’Ontario hanno descritto sotto giuramento le seguenti torture, inflitte fra il 1922 ed il 1984, a loro stessi e ad altri bambini, alcuni di solo cinque anni di età.:
• Stringere fili e lenze da pesca attorno al pene del bambini;
• Inserire aghi nelle loro mani, guance, lingue, orecchie e pene;
• Tenerli sospesi sopra tombe aperte minacciando di seppellirli vivi;
• Costringerli a mangiare cibo pieni di vermi o rigurgitato;
• Dire loro che i erano morti e che stavano per essere uccisi;
• Denudarli di fronte alla scolaresca riunita e umiliarli verbalmente e sessualmente;
• Costringerli a stare eretti per oltre 12 ore di seguito sino a quando non crollavano;
• Immergerli nell’acqua ghiacciata;
• Costringerli a dormire all’aperto durante l’inverno;
• Strappare loro i capelli dalla testa;
• Sbattere ripetutamente le loro teste contro superfici muratura o in legno;
• Colpirli quotidianamente senza preavviso tramite fruste, bastoni,finimenti da cavallo, cinghie metalliche decorate, stecche da biliardo e tubi di ferro;
• Estrarre loro i denti d’oro senza analgesici;
• Rinchiuderli per giorni in stanzini non ventilati senza acqua né cibo;
• Somministrare loro regolarmente scosse elettriche alla testa, ai genitali e agli arti.
Forse il riassunto più chiaro della natura e degli scopi di tale sadismo è costituito dalle parole di Bill Steward di Nanaimo, sopravvissuto alla scuola Kuper Island:
Era la gente della chiesa ad adorare il diavolo, non noi. Volevano l’oro, il carbone, la terra che abitavamo, così ci terrorizzavano affinché consegnassimo tutto a loro. Come fa un uomo che all’età di sette anni veniva violentato quotidianamente a combinare qualcosa nella vita? Le scuole residenziali furono istituite per distruggere le nostre vite, e riuscirono nell’intento. I bianchi erano dei terroristi, puri e semplici.
(Testimonianza di Bill Steward resa a Kevin Annett e ad osservatori della IHRAAM, Duncan, BC, 13 agosto 1998)
FONTE : http://www.sfairos.it/indiani_d_america.htm
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